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TRADUZIONE INFORMALE, DA NON CONSIDERARE COME TESTO UFFICIALE

Italia - 6 marzo 2007

Rapporto sul rispetto dei diritti umani nei vari paesi - 2006

Pubblicato dall’Ufficio per la Democrazia, i Diritti Umani ed il Lavoro (Ufficio per la Democrazia, i Diritti Umani e il Lavoro)
6 Marzo 2007

L'Italia è una democrazia parlamentare multipartitica, con circa 58,4 milioni di abitanti. Il Parlamento bicamerale è formato dalla Camera dei Rappresentanti e dal Senato. Le elezioni parlamentari nazionali, che servono a scegliere il Presidente ed il Primo Ministro, hanno avuto luogo ad aprile, e sono state ritenute libere ed eque. Una coalizione di centro-sinistra, guidata dal Primo Ministro Romano Prodi, ha sostituito la coalizione di centro-destra, guidata dall’ex-Primo Ministro Silvio Berlusconi. Il Parlamento ha eletto Giorgio Napolitano come nuovo Presidente della Repubblica. In linea di massima, le autorità civili hanno mantenuto un efficace controllo sulle forze di sicurezza.

In generale, il governo ha rispettato i diritti umani dei cittadini, anche se si sono verificati problemi in alcuni settori. Nonostante gli enormi ritardi, la legge ed il sistema giudiziario mettono a disposizione sistemi efficaci per affrontare i singoli casi di violazione. Giornalisti e pubblici ministeri hanno intensificato le loro critiche nei confronti del comportamento della polizia, ed hanno intentato un gran numero di cause contro di essa, accusandola di vari crimini. Le lunghe detenzioni prima del processo, i tempi eccessivamente prolungati delle cause giudiziarie, la violenza contro le donne, il traffico di esseri umani ed i maltrattamenti nei confronti dei Rom, costituiscono i problemi del paese.

Il Parlamento ha adottato una legge che riduce le sentenze di carcere per i crimini minori commessi prima del 2 maggio, un provvedimento che ha condotto al rilascio di 17.400 prigionieri e ad una notevole riduzione dell’affollamento carcerario.

RISPETTO DEI DIRITTI UMANI

Sezione 1 Rispetto per l'integrità della persona, tra cui libertà da:

a. Deprivazione arbitraria o illegittima della vita

Il governo o i suoi rappresentanti non hanno commesso alcun omicidio motivato politicamente, ed i giudici e gli investigatori si sono dovuti occupare di precedenti omicidi commessi da rappresentanti di governo, ed omicidi motivati politicamente da attori non governativi.

Nel 2005, un funzionario di polizia a Torino ha ucciso un immigrato senegalese, che si rifiutava di uscire dalla sua automobile durante una perquisizione per droga. Alla fine dell'anno, le indagini sull’episodio erano ancora in corso.

A marzo la corte ha condannato sette funzionari di polizia a sette anni di carcere per aver ucciso, nel 2003, un paracadutista militare.

In aprile, la Corte di Cassazione, la più alta corte d’appello del paese, ha condannato un poliziotto a dieci anni di carcere, per aver ucciso, nel 2000, un ragazzo di 16 anni.

A marzo, la corte ha condannato il leader delle Nuove Brigate Rosse (partito comunista combattente) all’ergastolo, per l'assassinio di un funzionario di polizia, avvenuto nel marzo 2003. A luglio e per tutto il 2005, esaminando un caso in cui erano coinvolti alcuni degli stessi sospetti, la Corte d'Appello di Roma ha condannato tre membri delle Brigate Rosse all'ergastolo, ed altri nove a pene inferiori per l'uccisione, avvenuta nel 1999, di Massimo D’Antona, un docente universitario consulente del Ministero del Lavoro. A dicembre, il tribunale di Bologna ha condannato quattro membri delle Brigate Rosse all’ergastolo, ed uno a 21 anni di reclusione per l’assassinio, avvenuto nel 2002, di Marco Biagi, un altro docente universitario consulente del Ministero del Lavoro. Nei mesi di marzo e giugno, il tribunale di Roma ha condannato cinque membri delle Brigate Rosse all'ergastolo, ed un altro membro della stessa organizzazione a 16 anni di reclusione per l'omicidio del 2002 di Marco Biagi.

b. Sparizioni

Non sono stati denunciati casi di sparizioni motivati politicamente.

c. Torture ed altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti

La legge proibisce pratiche di questo tipo; tuttavia, secondo alcune denunce, la polizia ha talvolta fatto uso eccessivo della forza contro persone detenute per reati penali comuni, o nel corso di controlli per l'identificazione. Anche se a subire questo comportamento sono stati sia cittadini italiani che stranieri, i più esposti sono stati i Rom e gli immigrati (vedi sezione 5).

Nel 2004 le autorità hanno condannato una guardia carceraria in Lombardia, per aver violentato un’immigrata albanese tenuta in custodia. Alla fine dell'anno, le indagini sul caso erano ancora in corso.

L'indagine su un agente di polizia che nel 2004, mentre era fuori servizio, aveva sparato a un ragazzo di 16 anni, ferendolo, era ancora in corso alla fine dell'anno.

Nel 2003, un immigrante nigeriano ha accusato due poliziotti di Roma di aver compiuto maltrattamenti nei suoi confronti, tra cui delle bruciature sull’addome, mentre si trovava sotto custodia. L'episodio si sarebbe verificato dopo che l'immigrato aveva tentato di scappare. Le indagini sul caso erano ancora in corso alla fine dell'anno.

A marzo, la corte ha condannato un funzionario di polizia ad una pena di sette mesi di detenzione, in quanto era stato accusato di aver fatto eccessivo uso della forza e di aver causato lesioni personali a varie persone, durante il tentativo di allontanare un centinaio di attivisti dalla sala d'attesa di un pronto soccorso di Milano nel marzo 2003. Nel corso dell’anno, uno degli altri due altri poliziotti accusati dell’incidente è stato assolto, e la corte ha condannato a venti mesi di carcere due dei quattro attivisti indagati per aver commesso, in quella stessa occasione, atti di violenza contro la polizia.

Alla fine dell’anno, proseguiva il processo contro 27 poliziotti, tra cui vari funzionari di grado superiore, accusati di spergiuro, cospirazione o aggressione durante un'incursione effettuata dalla polizia in un edificio usato dai dimostranti durante il summit del G-8 a Genova. E’ stato indetto un processo separato contro 45 agenti di polizia, accusati di "trattamento inumano o degradante" ed aggressione nei confronti dei manifestanti durante la loro successiva detenzione.

Condizioni delle carceri e dei centri di detenzione

Nel complesso, le condizioni delle carceri sono conformi agli standard internazionali, sebbene alcune strutture carcerarie rimangano superaffollate ed antiquate. A luglio, il Parlamento ha approvato uno sconto della pena per i reati minori, che ha ridotto in modo significativo il numero dei detenuti (vedi sezione 1.d). A novembre, dopo che molti prigionieri erano stati rilasciati, i detenuti erano 39.200 (dai 61,300 di giugno), in un sistema carcerario concepito per contenerne 42.500; in ogni caso, l’irregolare distribuzione dei prigionieri rilasciati, ha fatto sì che alcune strutture continuassero a rimanere sovraffollate. Nelle strutture più vecchie mancavano gli spazi per l'attività esterna o la ginnastica; in alcune prigioni mancava un'adeguata assistenza medica. Circa il 62 per cento dei carcerati stava scontando una condanna; l'altro 38 per cento era costituito principalmente da detenuti in attesa di giudizio o dell'esito di un appello.

Nel corso dell'anno, secondo un’inchiesta di un centro di ricerca indipendente, 58 prigionieri sono morti mentre si trovavano sotto custodia; 35 di loro per suicidio.

I 20 centri di permanenza temporanea per immigrati illegali hanno continuato ad essere sovraffollati. Il governo appena eletto ha provveduto a migliorare l'accesso ai centri di permanenza all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNCHR) e alle organizzazioni non governative (ONG).

La legge non richiede che i detenuti in attesa di giudizio vengano tenuti separati da quelli che scontano condanne, ed essi sono tenuti insieme in prigioni molto anguste.

Il governo ha consentito alle organizzazioni indipendenti per i diritti umani, ai parlamentari e ai media di visitare le strutture. Amnesty International (AI), la Commissione per i Diritti Umani dell'ONU, il Comitato contro la Tortura del Consiglio Europeo (CPT) e il Relatore Speciale dell'ONU contro la Tortura, hanno compiuto regolari verifiche sul sistema giudiziario e carcerario del paese. Parecchi comuni hanno nominato funzionari indipendenti, che si sono occupati di promuovere i diritti dei detenuti e facilitare l'accesso agli assistenti sanitari e ad altri servizi.

Ad aprile, il governo ha autorizzato la pubblicazione di un rapporto del CPT, i cui rappresentanti avevano visitato, nel 2004, prigioni, centri di detenzione e stazioni di polizia. Il rapporto ha dichiarato che su alcuni detenuti erano stati perpetrati degli abusi, quali incarcerazione in spazi angusti, mancanza di accesso ai legali, cure mediche insufficienti, ed insulti xenofobi e razzisti. In risposta al rapporto, il governo ha dichiarato di aver costruito quattro nuovi istituti carcerari, di star provvedendo al miglioramento di altre otto strutture, e di aver assunto ulteriore personale, inclusi psicologi e mediatori culturali.

d. Arresti e detenzioni arbitrarie

La legge proibisce arresti e detenzioni arbitrarie, ed in genere il governo ha rispettato queste proibizioni.

Ruolo della polizia e dell'apparato di sicurezza

Il rispetto della legge e dell'ordine è stato, di fatto, mantenuto grazie a quattro diverse forze di polizia, che fanno capo a diverse autorità ministeriali o locali. La polizia nazionale e la guardia di finanza ricadono, rispettivamente, sotto la giurisdizione del Ministero dell'Interno e di quello delle Finanze. È il Ministero della Difesa a controllare i carabinieri, una forza di sicurezza che appartiene all'esercito; tuttavia, è il Ministero dell'Interno ad assumere il controllo delle unità dei carabinieri e della guardia di finanza, quando queste intervengono per imporre il rispetto della legge. In circostanze eccezionali, per garantire la sicurezza il governo può fare ricorso all'esercito, affidando a quest’ultimo i compiti di polizia in certe aree locali, così da lasciare liberi carabinieri e polizia locale di concentrarsi su altre operazioni.

Da parte di giornalisti e pubblici ministeri sono aumentate le accuse di corruzione delle forze di polizia. A gennaio, otto carabinieri sono stati arrestati a Milano con l’accusa di concussione e manomissione delle prove. Da quanto riferito, gli ufficiali hanno usato prove false per estorcere denaro ad un certo numero di pregiudicati, tre dei quali sono stati erroneamente condannati e riportati in prigione, fino a che un’indagine ha sollevato obiezioni sulle prove. Gli accusati sono stati rilasciati. Alla fine dell’anno, il processo ai carabinieri non era ancora iniziato.

Nell’aprile 2005, le autorità hanno accusato 12 poliziotti di corruzione, abuso di potere e spergiuro, a causa dei loro contatti con associazioni criminali, sulla base di informazioni raccolte tramite intercettazioni. Alla fine dell'anno, le indagini sul caso erano ancora in corso.

Tanto il governo quanto il sistema giudiziario hanno svolto indagini sugli abusi della polizia, e perseguito i poliziotti che hanno maltrattato le persone sotto custodia. E’ proseguito il processo contro 29 agenti, accusati nel 2003 di aver compiuto arresti illegittimi e aggressioni a Genova nel 2001 (vedi sezione 1.c.).

Arresto e detenzione

Per compiere un arresto, è necessario un mandato emesso da un funzionario dovutamente autorizzato, a meno che non esista un pericolo specifico e immediato a cui la polizia deve rispondere, senza attendere il mandato. Entro 24 ore dalla detenzione di un sospetto, il magistrato incaricato deve decidere se ci sono prove sufficienti per procedere all'arresto. Il giudice inquirente ha poi 48 ore per confermare l'arresto e raccomandare, ove lo ritenga, che il caso venga rinviato a giudizio, e nella pratica questo diritto a una rapida decisione giudiziaria è stato rispettato. In base alla legge, ai detenuti è consentito un accesso veloce e regolare ai legali di loro scelta e ai membri della famiglia. Lo stato fornisce un legale agli indigenti. In circostanze eccezionali -- abitualmente ove si tratti di figure della criminalità organizzata -- quando esiste il rischio che i rappresentanti legali possano tentare di manomettere le prove, il giudice inquirente può disporre di un massimo di cinque giorni per interrogare l'accusato, prima che a questi sia consentito di contattare un avvocato. Non sono previste cauzioni; tuttavia, i giudici possono concedere la libertà provvisoria ai sospettati in attesa di giudizio. Per evitare detenzioni ingiustificate, delle commissioni di giudici (tribunali della libertà) riesaminano regolarmente, su richiesta di chi è detenuto, i casi delle persone in attesa di giudizio, e decidono se il protrarsi della detenzione è giustificato.

Nel 2005, il Presidente ha firmato, trasformandolo in legge dello Stato, un nuovo decreto antiterrorismo che: raddoppia il tempo durante il quale la polizia può trattenere i sospetti senza incriminazione, portandolo a 24 ore; rende obbligatori gli arresti per i reati collegati ad attività terroristiche; consente alla polizia di prelevare ai sospetti campioni di DNA per procedere alla loro identificazione; rende più facile per i servizi di intelligence condurre intercettazioni; rende necessarie l'identificazione per l'acquisto di carte telefoniche ed una licenza per gestire un Internet Cafè; allunga le pene previste per l'occultamento della propria identità nei luoghi pubblici; consente al governo di deportare i sospetti oggetto di indagini senza l'intervento del sistema giudiziario (i sospetti possono fare appello solo una volta che la deportazione è avvenuta); e, infine, estende i motivi che rendono giustificata la deportazione ad includere il caso in cui la presenza di una persona possa in qualche modo rappresentare un vantaggio per le attività o le organizzazioni terroristiche. A novembre, la Commissione Europea dei Diritti Umani ha bloccato gli ordini di deportazione contro tre individui che le autorità consideravano terroristi, dichiarando la necessità di indagare se, in caso di ritorno al proprio paese di origine, la Tunisia, venissero sottoposti ad un processo.

Dall’epoca della sua adozione, avvenuta nel 2005, le autorità si sono appellate a questa legge per deportare 32 immigrati sospettati di legami con le reti terroristiche.

La detenzione preventiva può essere imposta solo come ultima risorsa, se esiste la prova chiara e convincente di un reato grave. Si definiscono reati gravi quelli che prevedono una condanna massima non inferiore ai quattro anni, (come quelli che coinvolgono la mafia o quelli relativi a terrorismo, droga, traffico d'armi o sovversione). Le autorità possono, inoltre, impiegare la detenzione preventiva laddove esista il rischio che un reato venga ripetuto, o che vengano falsificate le prove. Salvo situazioni straordinarie, la custodia preventiva non è consentita nel caso di donne incinte, unici genitori di un bambino al di sotto dei 3 anni, persone al di sopra dei 70 anni o gravemente ammalate.

Nonostante i limiti imposti alle detenzioni in attesa di giudizio, esse continuano a rappresentare un grave problema. Nella prima metà dell'anno, per il 20 % dei detenuti in attesa di giudizio il processo non era ancora iniziato, mentre il 16 % aspettava una sentenza definitiva. La durata massima della carcerazione in attesa di giudizio è di 2 anni, per un reato che comporti una condanna massima di 6 anni; di 4 anni, per un reato che comporti una condanna massima di 20 anni; e di 6 anni, per un reato che comporti una condanna massima superiore ai 20 anni.

Secondo alcuni esperti giudiziari, alcuni pubblici ministeri hanno fatto uso della detenzione in attesa di giudizio come strumento di pressione per ottenere delle confessioni.

A luglio, il Parlamento ha approvato una legge che garantisce una riduzione di tre anni delle condanne alla reclusione per i crimini minori commessi prima del 2 maggio: tale provvedimento non si applica alle condanne per crimini terroristici, traffico di esseri umani, crimini di mafia, pornografia, violenza sessuale o traffico di stupefacenti. La legge ha provveduto alla scarcerazione di 17.400 prigionieri, diminuendo notevolmente il sovraffollamento delle prigioni.

e. Negazione di un giusto processo pubblico

La Costituzione prevede un sistema giudiziario indipendente, ed il governo ha, in genere, rispettato nei fatti questa disposizione; tuttavia, in gran parte dei casi, si sono verificati lunghi ritardi nei processi. La pressione sul sistema giudiziario, soprattutto attraverso l’intimidazione dei giudici da parte di gruppi criminali organizzati, ha complicato ulteriormente il processo giudiziario. A febbraio e marzo, un giudice di Catanzaro, membro di una corte di appello che aveva condannato 39 appartenenti alla mafia all’ergastolo, è stato il bersaglio di una serie di episodi di intimidazione (lettere, graffiti e pallottole sono stati lasciati davanti al suo appartamento)

Esistono tre livelli di giudizio. Un singolo giudice, o tribunale, composto da un gruppo di giudici o da una giuria, esamina i casi in prima istanza. Al secondo livello, altri tribunali valutano, utilizzando delle giurie, gli appelli relativi ai casi civili e penali. Entrambi possono portare le decisioni delle corti d'appello di fronte al tribunale di grado più alto, la Corte di Cassazione (Corte Suprema) di Roma, ma solo per ragioni legate alle specifiche di legge, senza entrare nel merito del caso. Una diversa Corte Costituzionale giudica quei casi che chiamano in causa possibili conflitti tra le leggi e la Costituzione, o che implicano conflitti su doveri o poteri di diversi settori del governo.

La legislazione entrata in vigore nel 2005 ha messo in atto una riforma giudiziaria, modificando il percorso di carriera dei magistrati di professione (che precedentemente potevano rivestire sia il ruolo di pubblici ministeri, che quello di giudici processuali/di corte d'appello), imponendo che diventino esclusivamente o pubblici ministeri oppure giudici. Tale legge ha anche condizionato la loro promozione al superamento di un esame, ed ha consentito ai procuratori distrettuali di decidere la priorità dei casi. Essa attribuisce alla Corte di Cassazione la facoltà di avviare azioni disciplinari contro i magistrati che partecipino ad attività politiche, facciano trapelare informazioni alla stampa o ad altri, o comunque violino le regole della procedura giudiziaria.

Procedure processuali

La legge prevede il diritto a un giusto processo, e il sistema giudiziario indipendente ha, generalmente, garantito questo diritto. I processi sono pubblici. Gli imputati hanno diritto a un contatto tempestivo con un legale per approntare la difesa. Gli imputati possono opporsi e fare domande ai testimoni dell'accusa, e possono presentare testimoni e prove a proprio favore. Le prove a disposizione dei pubblici ministeri possono essere rese disponibili agli imputati e ai loro rappresentanti legali. La legge garantisce agli imputati la presunzione d'innocenza. Gli imputati possono fare appello contro i verdetti alla più alta corte d'appello.

Le istituzioni nazionali ed europee hanno continuato a criticare la lentezza della giustizia nel paese. Nel 2005 si sono accumulati, presso il Tribunale Europeo dei Diritti Umani, più di 800 ricorsi che richiedevano al governo risarcimenti per l'eccessiva lentezza delle procedure. Per spiegare i ritardi, gli osservatori hanno citato varie ragioni: la mancanza di veri e propri limiti al protrarsi delle indagini che precedono il processo; il gran numero di reati minori inclusi nel codice penale; le disposizioni legali poco chiare e contraddittorie; e l'insufficienza delle risorse, tra cui un numero inadeguato di giudici.

Nel gennaio 2005, il magistrato che presiede la corte di cassazione ha dichiarato che l'81 per cento dei reati denunciati è rimasto impunito. L’anno successivo, ha reso noto che, mediamente, per portare a compimento un processo civile occorrono 401 giorni, per completare un appello 860 giorni, a cui se ne devono aggiungere altri 918 quando il caso viene portato davanti alla Corte di Cassazione.

I tribunali hanno avuto una notevole libertà d'azione nel determinare quando applicare le norme sulla prescrizione, e spesso gli imputati hanno tratto vantaggio dalla lentezza della giustizia per ritardare i processi, presentando una quantità di istanze o appelli (vedi sezione 3). A febbraio, il Parlamento ha approvato una legge che riduce il potere del pubblico ministero di fare appello contro le sentenze di assoluzione di primo grado, eliminando l’appello intermedio e ricorrendo direttamente alla Corte di Cassazione. Per la prima volta, la nuova legge permette anche appelli basati sulle prove presentate durante il processo; precedentemente, i motivi per ricorrere in appello erano limitati all’interpretazione o all’applicazione della legge stessa.

Prigionieri politici

Non ci sono stati resoconti di prigionieri politici.

Procedure e risarcimenti civili giudiziari

La Costituzione stabilisce l’indipendenza e l’imparzialità dei magistrati nelle questioni civili. Risarcimenti amministrativi sono previsti dalla legge, ed il ricorso al collegio arbitrale è permesso e regolato da contratti. Nella maggior parte dei casi, i cittadini si sono rivolti al collegio arbitrale a causa dei ritardi dei processi. Nel 2004, la durata media di un processo civile era di 798 giorni; occorrevano 636 giorni per completare un appello, ed altri 317 giorni per appellarsi alla Corte di Cassazione.

f. Interferenze arbitrarie con la privacy, la famiglia, la vita domestica o la corrispondenza

La legge proibisce tali atti e, nella realtà dei fatti, il governo ha rispettato queste proibizioni. In genere si è potuto procedere alle perquisizioni ed ai controlli elettronici solo a seguito di un mandato giudiziario ed in circostanze ben definite; tuttavia, il nuovo decreto antiterrorismo ha reso più facile alle agenzie di intelligence di ottenere il permesso per condurre intercettazioni. Il nuovo decreto antiterrorismo prevede, inoltre, che i distributori di schede telefoniche richiedano al cliente di presentare documenti per l’identificazione.

Durante l’anno, i mezzi di comunicazione hanno fatto trapelare al pubblico trascrizioni di intercettazioni telefoniche, sia legali che illegali. Pubblici ministeri e magistrati hanno richiesto una nuova legge, che consideri reato la pubblicazione di trascrizioni di intercettazioni telefoniche illegali. Le intercettazioni pubblicate includevano: informazioni relative all’arresto del Principe Vittorio Emanuele, accusato di corruzione e sfruttamento della prostituzione, accuse contro allenatori ed arbitri delle più importanti squadre di calcio per aver truccato le partite, ed accuse di interferenza inappropriata nella vendita di banche, che hanno portato alle dimissioni del governatore della Banca d’Italia. Ci sono stati resoconti di presunto spionaggio industriale, ed intercettazioni illegali relative alla vendita della compagnia telefonica nazionale (vedi sezione 1.f)

Sezione 2 Rispetto per le libertà civili, tra cui:

a. Libertà di parola e di stampa

La Costituzione sancisce la libertà di parola e di stampa, e nei fatti il governo ha generalmente rispettato questi diritti, e non ha limitato la libertà accademica. L’indipendenza dei mezzi di comunicazione e della magistratura, insieme ad un sistema politico democratico funzionante, garantiscono la libertà di parola e di stampa.

Le persone hanno potuto criticare il governo pubblicamente o privatamente, senza subire rappresaglia alcuna, e le autorità non lo hanno impedito. A gennaio, il Parlamento ha approvato una legge che sostituisce l’incarcerazione con il pagamento di sanzioni per aver profanato la bandiera o insultato il Presidente.

I mezzi di comunicazione, totalmente indipendenti, sono stati molto attivi, ed hanno pubblicato una grande varietà di notizie.

I quotidiani in circolazione sono stati circa 80, otto dei quali nazionali. L’ex-Primo Ministro Berlusconi (capo della coalizione dell’opposizione), ha detenuto il controllo di due quotidiani nazionali. I critici hanno lamentato il fatto che, attraverso l’interesse maggioritario in Mediaset, Berlusconi ha controllato direttamente o indirettamente tre dei sette canali televisivi a diffusione nazionale del paese. I tre canali RAI e le altre reti hanno trasmesso un'ampia varietà di opinioni, che riflettevano l'intera gamma delle posizioni politiche del paese. Le dispute sulla partigianeria delle trasmissioni ha continuato a sollecitare frequenti dibattiti politici, e le ONG hanno affermato che la proprietà delle reti televisive era troppo concentrata nelle mani di pochi.

Il 29 aprile, secondo il comitato per la protezione dei giornalisti, un giudice ha disposto il rilascio di Mario Spezi, dopo 22 giorni trascorsi in carcere. Le autorità tenevano Spezi in custodia nel carcere di Perugia. Ci sono voluti parecchi giorni di carcere prima che apparisse un libro, di cui egli era il co-autore, che criticava le indagini del pubblico ministero di Perugina, relative ad una serie di omicidi irrisolti da molto tempo. Secondo la stampa, il giornalista era sotto inchiesta per aver depistato un’indagine e diffamato, attraverso i mezzi di comunicazione, i pubblici ministeri di Perugia.

La ONG Reporter senza Frontiere e l'unione dei giornalisti hanno criticato le varie azioni giudiziarie dirette contro i giornalisti. Ad agosto, un pubblico ministero ha ordinato alla polizia di condurre una ricerca nelle sedi di due quotidiani nazionali, per accertare la fonte di alcuni articoli sulle indagini di presunta consegna, da parte di funzionari stranieri, di un Imam che veniva indagato per attività terroristiche dal pubblico ministero di Milano. Alla fine dell’anno, si continuava ad indagare sul caso.

A settembre, due giornalisti hanno denunciato di essere stati sottoposti ad intercettazioni illegali, e che i servizi di intelligence del paese li avevano seguiti a causa dei loro articoli su presunte attività illecite dei servizi di sicurezza.

Nel maggio 2005, un pubblico ministero ha ordinato alla guardia di finanza di condurre una ricerca nell'ufficio di un giornale nazionale, e di interrogare alcuni giornalisti per accertare la fonte di un articolo sul traffico delle armi. Né il giornale, né il pubblico ministero hanno preso ulteriori provvedimenti in merito al caso. Gli osservatori hanno notato la contraddizione esistente tra le diverse leggi, che da un lato tutelano la riservatezza delle fonti giornalistiche, e dall’altro autorizzano i magistrati a condurre indagini sulle fonti giornalistiche stesse.

A differenza degli altri anni, i politici non hanno presentato querele per diffamazione nei confronti dei giornalisti; comunque, alcune cause sono rimaste ancora in sospeso, mentre altre sono proseguite relativamente alle querele presentate dai politici negli anni scorsi. Nel luglio 2005, l’ex-Primo Ministro Berlusconi ha presentato querela contro un giornalista inglese per le accuse di attività criminali e corruzione politica contenute in un libro; Berlusconi aveva chiesto 1,27 milioni di dollari (un milione di euro) di risarcimento. Alla fine dell’anno, nessun provvedimento era stato ancora intrapreso. Nel mese di marzo, un giudice ha emesso l’ordinanza di non luogo a procedere relativamente alle accuse dell’ex-primo ministro Berlusconi contro un altro giornalista, che aveva pubblicato un libro sul presunto coinvolgimento delle aziende di Berlusconi nei crimini di mafia. Nell’aprile 2005, è iniziato il processo contro tre giornalisti del quotidiano “Corriere della Sera”: erano stati accusati di aver diffamato nel 2003 Umberto Bossi, il leader del partito della Lega Nord; alla fine dell’anno, il processo era ancora in fase di svolgimento.

Nel 2005, il presidente di un'associazione musulmana ha presentato querela per diffamazione contro la scrittrice Oriana Fallaci, per la pubblicazione di un libro ritenuto oltraggioso nei confronti dell’Islam. La magistratura ha inizialmente ordinato l'archiviazione del caso, ma successivamente un giudice l'ha rinviato a giudizio a Bergamo. Il libro continua ad essere in vendita, ma la scrittrice è deceduta a settembre, ed il diritto di querela si è, pertanto, estinto.

Libertà nell’uso di Internet

Non si hanno notizie di restrizioni governative sull’accesso ad Internet, o di controlli esercitati dalle istituzioni sulle chat virtuali. Individui e gruppi possono esprimere tranquillamente le proprie idee su internet, o attraverso la posta elettronica; tuttavia, il governo ha potuto bloccare dei siti Internet con base all'estero, quando contravvenivano alle leggi nazionali. Con il nuovo decreto antiterrorismo, per gestire un Internet Cafè è divenuto necessario disporre di una licenza.

Libertà accademica ed eventi culturali

Non ci sono state restrizioni, da parte del governo, alla libertà accademica o agli eventi culturali.

b. Libertà di riunione e associazione pacifica

La legge garantisce la libertà di riunione e associazione, e nella realtà dei fatti, il governo ha generalmente rispettato questi diritti.

c. Libertà di culto

La legge garantisce la libertà di culto e, nei fatti, il governo ha generalmente rispettato questo diritto.

Non esiste una religione di stato; tuttavia, uno storico accordo tra la Chiesa Cattolica Romana e il governo, garantisce alla Chiesa determinati privilegi. Per esempio, la Chiesa può scegliere gli insegnanti di religione cattolica, ed i loro compensi sono pagati dallo stato. La legge autorizza il governo a entrare in relazione con gruppi religiosi non-cattolici a seguito di un accordo ( intese), sulla base del quale il governo può fornire sostegno (anche finanziario) alla religione; questi accordi sono volontari, ed avviati dagli stessi gruppi religiosi. Anche gruppi religiosi di minoranza beneficiano di questi accordi. Il governo ha, inoltre, firmato accordi con l'Unione Buddisti ed i Testimoni di Geova; tuttavia, il Parlamento ha sospeso le attività ad aprile, senza emanare la legge necessaria per rendere esecutivi tali accordi. Le divisioni all’interno delle organizzazioni mussulmane del paese, insieme ad un alto numero di immigrati mussulmani, hanno impedito agli sforzi comunitari di raggiungere un’intesa.

Di tanto in tanto sono giunti resoconti di obiezioni, da parte del governo o del pubblico, a che le donne portassero il burqah (indumento che copre completamente il viso e il corpo). Il decreto antiterrorismo del 2005 ha raddoppiato le pene esistenti per gli individui colpevoli di indossare indumenti, quali il burqah o il casco da motociclista, per nascondere la propria identità. Le pene sono passate a due anni di prigione, ed è previsto il pagamento di una multa compresa tra i 1.310-2.620 dollari (tra 1.000 e 2.000 euro) (vedi sezione 1.d).

A maggio, il tribunale amministrativo ha sentenziato che, nel 2005, la deportazione dell’Imam di Torino, accusato di aver predicato odio e violenza, era infondata. La corte ha di nuovo usato queste motivazioni per espellere, nel 2005, il vice presidente del Centro Culturale Mussulmano di Como. Durante l’anno, non ci sono state notizie di espulsioni di questo genere.

Il permanere di simboli cattolici, come i crocifissi, in molti uffici governativi, tribunali e altri edifici pubblici ha provocato critiche, ed è stato oggetto di vertenze legali. A febbraio, la corte d’appello ha respinto la richiesta di una madre di rimuovere il crocefisso dall’aula dei bambini ad Abano Terme; il giudice ha dichiarato che il crocefisso non è soltanto un simbolo religioso, ma è anche espressione di valori secolari. Un sondaggio effettuato nello stesso anno, ha evidenziato che l’80% della popolazione era favorevole a mantenere il crocefisso nelle scuole e negli edifici pubblici.

Abusi e discriminazioni sociali

I circa 30 mila ebrei del paese dispongono di sinagoghe in 21 città. Non si sono verificati violenti attacchi antisemiti nel corso dell’anno, ma sono proseguiti i pregiudizi sociali contro l'ebraismo, e piccoli gruppi di estremisti si sono resi responsabili di atti anti-semiti.

Durante alcune partite di calcio, sui muri di varie città, sono comparsi dei graffiti raffiguranti svastiche. A gennaio, alcuni tifosi hanno esibito striscioni anti-semiti e simboli nazisti. Il 10 luglio, alcuni neo-nazisti, che celebravano la vittoria dell’Italia per la Coppa del Mondo, hanno compiuto atti vandalici contro muri, portoni e automobili nel quartiere ebraico di Roma, disegnando svastiche ed altri graffiti anti-semiti sui muri. Il primo ministro e gli altri politici hanno condannato duramente l’incidente, definendolo “un ignobile gesto di odio ed intolleranza”.

Il 16 maggio, degli sconosciuti hanno commesso atti vandalici contro 40 tombe in un grande cimitero ebraico a Milano. Le autorità hanno iniziato un’attività investigativa, ma non ci sono stati grandi progressi alla fine dell’anno.

Tra luglio ed agosto, durante il conflitto tra Israele e le organizzazioni di Hezbollah in Libano, alcuni cittadini ebrei sono stati, talvolta, ritenuti responsabili per le azioni dello Stato di Israele. Per esempio, la Lega anti-diffamazione (ADL) ha reso noto che il 28 luglio, a Livorno, sono stati scritti dei graffiti sui muri di negozi tenuti da ebrei, che tradotti suonano pressappoco “Israele è uno stato malvagio”. La lega ADL ha, inoltre, dichiarato che il 1 agosto, 20 negozi a Roma sono stati oggetto di atti di vandalismo, quali disegni di svastiche o altri danni. I volantini ritrovati erano firmati dai Fascisti Armati Rivoluzionari, un gruppo neo-fascista, denunciavano “l’economia sionista” ed includevano slogan a favore di Hezbollah.

In agosto, inoltre, il Segretario Nazionale dell’Unione delle Comunità Islamiche in Italia (UCOII), ha messo una pubblicità su di un giornale locale, paragonando i massacri commessi dall’esercito israeliano in Libano, allo sterminio commesso dai nazisti. Politici, funzionari di governo, ed il comitato consultivo mussulmano del Ministero degli Interni, la Consulta Islamica (ad eccezione dei membri UCOII), hanno condannato queste affermazioni.

Il governo ha tenuto incontri per educare alla consapevolezza dell'Olocausto e combattere l'antisemitismo in Europa.

Per una discussione più dettagliata, vedi il 2006 Report on International Religious Freedom ,(Rapporto Internazionale sulla Libertà Religiosa 2006).

d. Libertà di movimento all'interno del paese, viaggi all'estero, emigrazione e rimpatrio

La legge prevede questi diritti, e in generale il governo li ha, di fatto,rispettati.

La legge proibisce l'esilio forzato, e il governo non ne ha fatto uso.

Protezione dei rifugiati

La legge prevede la concessione dell'asilo o dello status di rifugiato, come stabilito dalla Convenzione ONU del 1951 in merito allo Status dei Rifugiati e al suo protocollo del 1967, e il governo ha stabilito un sistema per offrire protezione ai rifugiati. In pratica, il governo ha offerto protezione contro l’espulsione, il rimpatrio, cioè, delle persone verso un paese in cui temevano di essere perseguitati. Nel 2005, il governo ha garantito lo status di rifugiato, ovvero l'asilo, a 907 persone.

Il governo ha, inoltre, fornito protezione temporanea a individui che non potevano qualificarsi come rifugiati in base alla convenzione del 1951 e al protocollo del 1967, garantendo tale protezione, nel corso dell'anno, a 4.375 persone.

Il governo ha cooperato con l'ufficio dell'Alto Commissariato dell'ONU per i Rifugiati e con altre organizzazioni umanitarie nel campo dell'assistenza ai rifugiati, ed ha fornito protezione temporanea ai rifugiati in fuga da contesti ostili o disastri naturali. A questi rifugiati sono stati concessi permessi di residenza temporanei che, tuttavia, dovendo essere rinnovati periodicamente, non potevano assicurare una residenza permanente in futuro.

Nella prima metà dell’anno, le autorità hanno identificato 62.000 individui entrati illegalmente nel paese, e ne hanno deportati 24.125. Quelli che sono entrati, di solito via mare, sono stati inviati a centri di permanenza temporanea, ed è stato un magistrato a determinare se l'immigrato illegale doveva essere deportato (per quelli di cui si poteva accertare l'identità), se doveva essere emessa un'ordinanza di espulsione (per coloro la cui identità non era stata accertata), o se lo si doveva accogliere avviando una procedura per la concessione dell'asilo. A febbraio, Amnesty International ha pubblicato un rapporto sui diritti degli immigranti e i minori che chiedono asilo, ed ha raccolto 890 denunce relative alla presenza di bambini non accompagnati, i quali sono stati rinchiusi nei centri di permanenza temporanea, in condizioni non igieniche e non idonee. Amnesty ha dichiarato di possedere informazioni dettagliate su 28 di questi casi. Alla fine dell’anno, il governo non aveva ancora risposto alle accuse.

I 20 centri di permanenza temporanea per immigrati illegali continuano ad essere sovraffollati (vedi sezione 1.c)

Sezione 3 Rispetto dei diritti politici: Il diritto dei cittadini a cambiare il loro governo

La Costituzione dispone che i cittadini abbiano il diritto di cambiare pacificamente il loro governo, ed i cittadini hanno, di fatto, esercitato questo diritto tramite elezioni periodiche, libere ed eque, tenute in base al criterio del suffragio universale.

Elezioni e partecipazione politica

L'autorità esecutiva è attribuita al Consiglio dei Ministri, guidato dal Presidente del Consiglio (il Primo Ministro). Il capo dello stato (il Presidente della Repubblica) nomina il Primo Ministro dopo aver consultato i leader di tutte le forze politiche del Parlamento. Le ultime elezioni parlamentari nazionali (che servono a stabilire chi sarà Presidente e Primo Ministro), si sono svolte ad aprile, e sono state considerate libere ed eque. Le autorità hanno invitato, per la prima volta, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) ad osservare il processo, e gli osservatori hanno dichiarato che, complessivamente, le elezioni si sono svolte coerentemente con la tradizione democratica del paese. E’ stata eletta una coalizione di centro-sinistra, guidata dal Primo Ministro Romano Prodi, che ha sostituito una coalizione di centro-destra, guidata dall’ex-Primo Ministro Silvio Berlusconi. Secondo una legge entrata in vigore nel 2001, anche i cittadini residenti all’estero hanno potuto votare, per la prima volta, nelle elezioni nazionali.

Il Parlamento ha, inoltre, eletto un nuovo presidente, Giorgio Napolitano.

Erano presenti numerosi partiti politici, i quali hanno operato senza restrizioni da parte del governo.

Le elezioni hanno determinato un aumento significativo del numero delle donne che hanno ottenuto incarichi politici. Ci sono 40 donne al senato, (precedentemente erano 25), su un totale di 315 seggi, e 108 donne nella Camera dei Deputati, (precedentemente erano 63) su un totale di 630 seggi. Il numero delle donne nel Consiglio dei Ministri è salito da due a sei, su un totale di 25 ministri.

Le uniche minoranze legalmente definite sono linguistiche -- i valdostani di lingua francese e gli altoatesini/suditirolesi di lingua tedesca. Nel nuovo Parlamento, erano presenti quattro membri nei 315 seggi del Senato, e cinque membri nei 630 seggi della Camera dei Deputati. In una società ampiamente omogenea, gli immigrati hanno rappresentato il 4% della popolazione, e meno della metà è stata definita come minoranza etnica/razziale. Due membri dei gruppi di immigranti (di origine marocchina e palestinese) sono stati eletti alla Camera dei Deputati.

Corruzione e trasparenza del governo

A dicembre, l’Alto Commissario della Task Force Indipendente Anti-Corruzione ha dato le dimissioni, adducendo la mancanza di sostegno politico e la forte pressione del bilancio come motivi per eliminare il suo ufficio. Creata nel 2004, la task force ha condotto oltre 50 indagini, ma i suoi poteri contro la corruzione sono stati insufficienti. Durante l’anno, ci sono state isolate denunce di corruzione governativa, ed il pubblico generale era convinto che i politici fossero corrotti. Secondo resoconti stampa, tra il novembre 2003 e il novembre del 2005, un tribunale speciale che si occupava di questioni finanziarie, ha emesso 201 mandati di comparizione in risposta alle lamentele di cittadini privati e funzionari pubblici, riguardanti accuse di corruzione o concussione nella pubblica amministrazione. Per alcuni casi, la corte ha anche emesso 265 ordinanze. Non c’è alcuna informazione sul numero di casi rinviati al pubblico ministero per ulteriori provvedimenti. Nel 2005, la ONG Trasparenza Internazionale ha valutato che la percezione della corruzione nel paese è di 5.0, in una scala da uno a dieci, in cui dieci indica il livello più basso di corruzione. La valutazione riflette la percezione degli uomini d’affari e degli analisti del paese sulla prevalenza della corruzione complessiva. Nel 2003, questa valutazione era di 4.8.

A luglio, i pubblici ministeri hanno rinviato a giudizio 148 persone, in relazione a un piano del 1999 per evitare il servizio militare corrompendo dei funzionari. Alla fine dell'anno, il processo non si era concluso.

A novembre, la Corte di Cassazione ha annullato la condanna del 2005 di Cesare Previti che, precedentemente, era l’avvocato dell’ex-Primo Ministro Silvio Berlusconi e l’ex-Ministro della Difesa. Era stato incriminato per corruzione, e condannato a sei anni di carcere da una corte d’appello, relativamente ad un caso di possibile corruzione di un giudice.

La legge garantisce ai cittadini il diritto di accedere ai documenti governativi e di essere informati dei procedimenti amministrativi. Con alcune eccezioni per questioni di sicurezza, il governo e le autorità locali hanno di fatto rispettato questo diritto per cittadini, residenti che non hanno la cittadinanza, e giornalisti stranieri.

Sezione 4 Atteggiamento del governo nei confronti delle indagini internazionali e nongovernative su presunte violazioni dei diritti umani

Una grande varietà di gruppi nazionali ed internazionali per la tutela dei diritti ha, in genere, operato senza restrizioni da parte del governo, indagando e pubblicando quanto è emerso sui casi relativi ai diritti umani. I funzionari governativi si sono dimostrati cooperativi e solleciti nel confrontarsi con le loro posizioni.

Sezione 5 Discriminazione sociale e abusi, traffici di esseri umani

La legge proibisce la discriminazione su base razziale, sessuale (salvo nel caso di lavori pericolosi), di background etnico o di opinione politica, e garantisce determinate protezioni contro le discriminazioni causate da disabilità, lingua o status sociale, ed il governo, in generale, ha fatto valere queste proibizioni. Hanno persistito, tuttavia, discriminazioni sociali e violenze contro le donne, i disabili, le minoranze e i Rom.

Donne

Le violenze contro le donne, e tra queste le violenze coniugali, sono rimaste un problema. La ONG Telefono Rosa, che mette a disposizione una hot line con la quale le donne che subiscono violenza possono ottenere assistenza legale, medica e altro, ha riferito che nel 13 per cento dei casi le chiamate ricevute erano attinenti a violenze sessuali, il 37 per cento a violenze fisiche nell'abitazione, mentre più del 31 per cento delle chiamate concernevano casi di violenza psicologica. Telefono Rosa ha riferito di aver ricevuto una media di seicento chiamate al mese.

La violenza sessuale, inclusa quelle coniugale, è illegale, e il governo ha fatto rispettare la legge in modo efficace. Nel 2004 sono stati denunciati 4.578 casi di stupro, sono state accusate 3.412 persone e 1.530 sono state condannate.

La legislazione protegge le donne dalla violenza fisica, anche da parte dei membri familiari, garantisce che chi compie atti di violenza contro le donne sia perseguito, e garantisce l’anonimato delle vittime. Le autorità preposte all'applicazione della legge e quelle giudiziarie non si sono mostrate riluttanti a perseguire chi compie atti di violenza contro le donne, ma a volte le vittime non hanno presentato denuncia per paura, vergogna o ignoranza della legge. Secondo un’indagine nazionale, solo il 9% delle vittime di violenza denuncia il crimine alla polizia. A marzo, il Ministero delle Pari Opportunità ha aperto una hot line per le vittime di violenza, che cercano assistenza immediata e riparo temporaneo.

Gli atti individuali di prostituzione nelle residenze private sono legali. È legale per gli adulti adescare o pagare per atti di prostituzione. È invece illegale gestire un bordello, trafficare in esseri umani o avere rapporti sessuali con un minore.

In agosto, a Brescia, il padre di una immigrata pakistana di 20 anni è stato accusato di averla uccisa perché aveva rifiutato un matrimonio combinato con suo cugino, ed aveva adottato uno stile di vita occidentale. Alla fine dell’anno, il processo non era ancora iniziato.

A settembre, una immigrata indiana di 31 anni si è suicidata, presumibilmente per evitare un matrimonio combinato.

Il traffico di donne destinate allo sfruttamento sessuale è rimasto un problema (vedi sezione 5, traffici di esseri umani).

In base alla legge, i cittadini e i residenti permanenti privi di cittadinanza che hanno compiuto turismo sessuale, anche all'estero, possono essere processati e condannati nei tribunali nazionali, anche se il reato non è considerato tale nella nazione in cui si è verificato. Il paese ha, inoltre, quello che è considerato un codice di condotta modello per le agenzie turistiche, per contribuire a combattere il turismo sessuale. A gennaio, quattro persone accusate di aver organizzato dei viaggi in Brasile, che includevano i servizi sessuali di ragazze di età dai 12 ai 17 anni, sono stati sottoposti a processo; alla fine dell’anno, tali processi erano ancora in corso. A settembre si è verificato il primo caso in cui si è applicato l’aspetto extra-territoriale della legge contro il turismo sessuale; i pubblici ministeri hanno accusato un individuo per le attività svolte in Tailandia tra gli anni 2003-2005. Alla fine dell’anno, il processo era ancora in corso.

Nel 2003 le autorità hanno accusato due persone di turismo sessuale; alla fine dell’anno, i loro processi non si erano ancora conclusi.

Le molestie sessuali sono illegali, e il governo ha fatto rispettare la legge in modo efficace. Nel 2005, il governo ha emanato un decreto che qualifica come reato i comportamenti offensivi a livello emotivo basati sulla discriminazione sessuale; il provvedimento era stato concepito per combattere le molestie sessuali sul posto di lavoro.

In base alla legge, le donne godono degli stessi diritti degli uomini, inclusi quelli riconosciuti dal diritto familiare, dal diritto alla proprietà e nell'ambito del sistema giudiziario.

Secondo un’indagine condotta dal Censis , la discrepanza tra le retribuzioni degli uomini e delle donne ha raggiunto di media il 26 per cento. Le donne sono state sottorappresentate in molti campi, quali incarichi direttivi, attività imprenditoriali e professioni. Secondo il Consiglio Superiore della Magistratura, il 40 per cento dei magistrati è di sesso femminile, ma la percentuale delle donne tra i membri della Corte Suprema raggiunge solo il 5 per cento.

Vari uffici governativi hanno operato per assicurare i diritti delle donne. C'è una donna alla guida del Ministero per le Pari Opportunità, e c'è una Commissione per le Pari Opportunità presso l'ufficio del Primo Ministro. Il Ministero del Lavoro dispone di una commissione simile, che è focalizzata sui diritti delle donne e sul tema della discriminazione sul posto di lavoro. Molte ONG, gran parte delle quali erano affiliate a unioni sindacali e partiti politici, hanno promosso attivamente, ed in modo efficace, i diritti delle donne.

Infanzia

Il governo ha dimostrato il proprio impegno per i diritti e il benessere dell'infanzia. La scuola è libera e obbligatoria per i ragazzi di età tra i 7 ai 18 anni; coloro che non possono (o non vogliono) continuare gli studi, possono passare all'addestramento professionale all'età di 15 anni. Nel 2005, il Ministero dell’Istruzione ha dichiarato che il 72.9 per cento dei ragazzi tra i 15 e i18 anni ha frequentato la scuola secondaria. Non si sono verificate differenze nel trattamento e nella frequenza tra ragazze e ragazzi della scuola primaria, secondaria e post-secondaria. Il completamento della scuola secondaria è stato il livello più alto conseguito da gran parte dei ragazzi.

Il paese garantisce a tutti i cittadini l'assistenza sanitaria gratuita a spese dello stato.

La violenza sull'infanzia ha rappresentato un problema; nel 2005 la ONG Telefono Azzurro ha ricevuto approssimativamente 380 mila chiamate in relazione a violenze su minori. Circa il 5 per cento dei casi riguardava abusi sessuali, l’11 per cento atti di violenza fisica e l’8 per cento violenza psicologica. Nel 60 per cento dei casi le vittime erano di sesso femminile; il 46 per cento di queste avevano 10 anni o meno. Nei primi sei mesi del 2005 le autorità giudiziarie hanno registrato 748 accuse di abusi sessuali su minori, ed hanno accusato di violenza sessuale 276 persone. Tra il 2001 e il 2003 il governo ha finanziato 144 progetti, portati avanti dalle ONG per migliorare le relazioni tra genitori e figli e combattere la violenza sui minori.

Le ONG hanno stimato che il 10 per cento delle persone coinvolte nella prostituzione fossero minori. Un centro di ricerca indipendente ha valutato che ci fossero tra 1.800 e 3.000 minori che lavoravano nella prostituzione di strada, di cui tra i 1.500 e i 2.300 erano stati introdotti nel paese illegalmente e costretti a esercitare la prostituzione (vedi sezione 5, Traffici di esseri umani).

Un vasto numero di bambini lavoratori immigrati illegalmente dal Nord Africa, dalle Filippine, dall'Albania e dalla Cina, ha continuato ad entrare nel paese. A dicembre, il pubblico ministero di Agrigento ha dichiarato che le organizzazioni criminali erano responsabili del traffico di migliaia di minori provenienti, attraverso la Sicilia, da paesi extra-comunitari. Ha riferito che la maggior parte delle bande organizzate fossero rumene, albanesi, egiziane e marocchine.

Una commissione interministeriale presieduta dal Ministro delle Pari Opportunità ha coordinato la lotta alla pedofilia. Un’unità speciale della polizia ha monitorato 33.000 siti web tra gennaio e novembre, indagando su 337 persone coinvolte in crimini riguardanti la pornografia infantile online, ed arrestandone 16.

Ci sono state denunce di lavoro minorile (vedi sezione 6.d.)

Traffico di esseri umani

La legge proibisce il traffico di esseri umani; tuttavia, il traffico di esseri umani è avvenuto verso, dal, e all'interno del paese. Secondo il governo e le fonti ONG, circa 2.500 nuove vittime sono state fatte entrare nel paese e spostate al suo interno nel 2005, ultimo anno di dati disponibili. Si ritiene che dall’8 al 10 % siano minorenni.

Il paese ha costituito una destinazione ed un punto di transito per le vittime dei traffici. Gli immigrati, la maggior parte dei quali proveniva dalla Nigeria, dal Nord Africa e dall’Europa Orientale, hanno svolto un ruolo determinante nel traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale, sia come trafficanti stessi che come vittime, sebbene anche molti cittadini italiani fossero coinvolti. Secondo i resoconti stampa, più dell'85 per cento delle prostitute nel paese erano immigrate, principalmente dalla Nigeria e dall'Europa Orientale.

Le vittime dei traffici che hanno subito lo sfruttamento sessuale hanno dovuto affrontare i conseguenti rischi derivanti dall'attività sessuale non sicura o non protetta. Le vittime dei traffici che hanno lavorato nella regione Toscana in condizioni di sfruttamento, sono state potenzialmente esposte a sostanze chimiche pericolose nell'industria della lavorazione del pellame.

Responsabili di gran parte dei traffici verso il paese, sono stati i gruppi criminali organizzati; i giri di prostituzione spostavano regolarmente le vittime dei traffici da una città all'altra per evitare l'arresto.

Le vittime in Italia del traffico di esseri umani sono state, di solito, attratte verso l'Europa Occidentale con la promessa di un lavoro, o vendute da parenti, amici o conoscenti. I trafficanti le hanno poi costrette alla prostituzione, a lavorare in ristoranti o aziende che sfruttano i dipendenti oppure a mendicare nelle strade. I loro aguzzini le hanno costrette ad obbedire sequestrando loro i documenti, percuotendole e sottoponendole a violenze sessuali, oppure minacciando le loro famiglie.

La legge prevede pene che vanno dagli otto ai vent’anni di carcere per i reati di traffico di esseri umani e riduzione in schiavitù. Le condanne di persone accusate di traffico di minori per sfruttamento sessuale sono aumentate da circa un terzo ad un mezzo. La legge prevede condizioni carcerarie speciali per i trafficanti di esseri umani, studiate per limitare la possibilità di continuare la propria attività dal carcere.

Il numero delle persone indagate per traffico di esseri umani è aumentato da 1.861 nel 2004 a 2.054 nel 2005, ma gli arresti sono scesi da 341 a 304. Il numero dei procedimenti legali è diminuito da 120 a 102 e le condanne sono passate da 77 a 50. Il governo ha cooperato con i governi stranieri, inclusi quelli di Nigeria, Ucraina, Bulgaria e Moldavia, per indagare e perseguire i casi di traffico umano. Per esempio, a maggio le autorità hanno arrestato e accusato 41 bulgari per traffico di minori; alla fine dell’anno, esse continuavano ad indagare su altre 75 persone, accusate di aver portato bambini Rom e famiglie povere nel paese per commettere rapine nella zona di Trieste.

A giugno, la polizia di Roma ha arrestato tre rumeni, accusandoli di traffico di persone disabili, che venivano costrette a lavorare come mendicanti; una delle vittime è stata assistita e rimpatriata. Alla fine dell’anno, la causa risultava ancora pendente.

A luglio, la polizia ha arrestato sei rumeni a Roma e Milano, con l’accusa di traffico di esseri umani che riguardava il coinvolgimento di circa 100 bambini, presumibilmente costretti a mendicare per le strade e a commettere furti in abitazioni private. Alla fine dell’anno, la causa risultava ancora pendente.

A luglio, in Puglia, la polizia italiana e polacca ha arrestato 25 individui, inclusi polacchi, ucraini, algerini ed un italiano, con l’accusa di aver trafficato oltre 1.000 polacchi nel giro di svariati anni, per costringerli a lavori agricoli. I trafficanti hanno assunto i lavoratori a vantaggio degli agricoltori locali. Da quanto viene riferito, le vittime avevano risposto ad un annuncio per lavoratori immigrati; gli era stato pagato il viaggio, percepivano una paga di 4 dollari l’ora, e venivano tenuti in condizioni miserabili dai trafficanti, che facevano pagar loro cibo, acqua ed un posto per dormire in squallide abitazioni. La polizia ha liberato 113 lavoratori e stava indagando su almeno due casi di morte per sospetto suicidio nei campi di lavoro, e su alcune denunce per percosse e violenza sessuale. Alla fine dell’anno, il Ministero degli Interni stava ancora indagando sugli abusi.

Ad aprile, la polizia ha scoperto un’organizzazione criminale ed ha arrestato dodici italiani e sei rumeni, con l’accusa di istigazione alla prostituzione e sfruttamento. Dal 2004, centinaia di minorenni Rom venivano costretti ad avere rapporti sessuali con adulti in cambio di piccoli doni. Si presuppone che i pedofili adescassero i bambini agli incroci stradali, dove di solito mendicavano o vendevano mercanzia varia.

Non ci sono stati ulteriori sviluppi nel caso dei 25 italiani e bulgari arrestati nel 2005, ed accusati di traffico di persone, cospirazione criminale, rapimento e aggressione sessuale.

Alla fine dell’anno, le seguenti indagini relative al 2004 sul traffico di esseri umani, erano ancora in corso: un padre rumeno, nella periferia di Milano, aveva venduto suo figlio di 10 anni per prestazioni sessuali; due albanesi, un egiziano, un pakistano ed un italiano erano coinvolti nel traffico di donne dall’Europa Orientale per prostituzione; sei uomini bulgari avevano introdotto sei donne bulgare nel paese, le avevano fatte partorire, e poi avevano venduto i neonati ad alcune famiglie italiane, ciascuno per 13.100 dollari (10.000 euro); 12 persone, inclusi due agenti di polizia, erano stati arrestati a Sassari ed accusati di traffico ai fini della prostituzione e falsificazione di documenti; e quattro persone erano state accusate di aver organizzato viaggi in Brasile, che includevano le prestazioni sessuali di ragazze tra i 12 e 17 anni.

In genere, i funzionari del governo non hanno partecipato a facilitare, o giustificare, i traffici.

La legge prevede che, alle persone che cercano di sottrarsi ai loro sfruttatori, venga assegnata una residenza temporanea o un permesso di lavoro. Le autorità e le ONG hanno incoraggiato le vittime a sporgere denuncia, cosa che hanno potuto fare senza alcun impedimento legale. A differenza della maggior parte degli immigrati illegali, che quando sono catturati devono affrontare la deportazione, le persone che in base alla legge sono ufficialmente considerate vittime di traffici ricevono numerosi vantaggi, tra cui la residenza, sia che abbiano o no presentato denuncia. Ad oggi, solo le prostitute hanno ricevuto assistenza in base alla legge. Tuttavia, le ONG hanno accusato il governo perché, nella maggior parte dei casi, non ha consentito, tra la cattura e la deportazione degli immigrati illegali, un tempo sufficiente per valutare se tra loro ci fossero vittime di traffici.

Il governo ha fornito assistenza legale e medica alle persone riconosciute come vittime del traffico di esseri umani. Sono stati allestiti rifugi e programmi di addestramento professionale. Inoltre, sono stati avviati progetti di assistenza ed incentivi per coloro che desideravano tornare ai loro paesi di provenienza; nel 2005 sono state rimpatriate 78 vittime, che avevano deciso di rientrare in patria. La ONG nazionale dei Servizi Sociali Internazionali ha prestato assistenza per il rimpatrio degli immigrati di minore età non accompagnati.

La legge consente ai magistrati di sequestrare i beni dei trafficanti condannati, per finanziare l'assistenza legale, l'addestramento professionale ed altre iniziative utili all'integrazione sociale delle vittime dei traffici.

Il governo, insieme ad altri governi e ONG, ha messo in atto campagne di sensibilizzazione. La legge sollecita il Ministero degli Esteri, insieme al Ministero delle Pari Opportunità, a stringere ulteriori accordi per combattere i traffici con i paesi da cui questi hanno origine.

Persone con disabilità

La legge proibisce la discriminazione contro le persone con disabilità nel lavoro, istruzione, accesso all'assistenza sanitaria o erogazione di altri servizi statali, e il governo ha effettivamente fatto rispettare queste disposizioni. C'è stata, tuttavia, qualche discriminazione sociale. Anche se la legge impone che le persone disabili debbano avere accesso agli edifici, esse rimangono comunque svantaggiate, a causa delle barriere meccaniche esistenti, particolarmente nei trasporti pubblici. La responsabilità della tutela dei diritti delle persone disabili spetta al ministero del Lavoro e del Welfare.

A gennaio, il Parlamento ha emanato una legge per ampliare la definizione di discriminazione contro persone disabili da parte di entità pubbliche e private e, per la prima volta, ha permesso alle ONG di sporgere denuncia in nome di persone disabili.

Ad agosto 2005, i carabinieri hanno chiuso una struttura sanitaria privata per malati mentali a Reggio Calabria, per violazioni strutturali, sanitarie e di sicurezza.

Nel giugno 2005 la compagnia aerea nazionale, Alitalia, ha rifiutato di far salire a bordo un disabile, affermando che avrebbe causato ritardi a discapito di altri passeggeri. Non ci sono notizie di ulteriori azioni da parte delle autorità.

Dei 587 mila lavoratori disabili registrati presso i centri di pubblico impiego, solo il 5,2 per cento ha trovato un lavoro, sebbene siano rimasti vacanti 101,000 posti di lavoro, riservati per legge alle persone disabili.

Minoranze nazionali/razziali/etniche

La polizia ha continuato a maltrattare i Rom. Una ONG (Opera Nomadi) ha riferito casi di discriminazione, specialmente per quanto riguarda le case e gli sfratti, di espulsioni e degli sforzi da parte del governo di togliere la patria potestà ai genitori di alcuni bambini Rom. Funzionari governativi a livello nazionale e locale, inclusi il Ministero degli Interni e delle Pari Opportunità, si sono incontrati periodicamente con i Rom ed i loro rappresentanti. Opera Nomadi ha tenuto conferenze, ha richiesto l’esenzione dal pagamento di tasse per i Rom e, nel corso dell’anno, ha esercitato continue pressioni sul governo.

Ad aprile, la Commissione Europea dei Diritti Sociali ha decretato che il paese viola sistematicamente il diritto dei Rom di ottenere sistemazioni adeguate, non provvedendo né ad un numero sufficiente di campi nomadi, né ad abitazioni permanenti, ma anzi sfrattando i Rom dai loro alloggi.

I sondaggi della pubblica opinione hanno mostrato una crescente prevalenza di atteggiamenti negativi verso gli immigrati, soprattutto tra i giovani e nel nord del paese. Gli immigrati hanno ritenuto di subire discriminazioni sul lavoro.

Quanto al numero di Rom presenti nel paese, non esistono statistiche accurate. Le ONG hanno stimato che ce ne fossero 120 mila; di questi, massimo l'80 per cento potrebbe ottenere la cittadinanza. Essi sono concentrati nelle periferie estreme delle aree urbane nelle regioni centrali e meridionali del paese, in campi caratterizzati da alloggi miseri, mancanza di adeguate condizioni igieniche, limitate prospettive di impiego, strutture per l'istruzione inadeguate ed assenza di una consistente presenza della polizia. Di fronte alla prospettiva di un reddito esiguo e scarse opportunità di lavoro, e subendo maltrattamenti, alcuni Rom si sono dati all'accattonaggio o alla piccola criminalità, e questo ha portato a misure repressive da parte della polizia e di alcune autorità giudiziarie.

L'Ufficio per la Lotta alla Discriminazione Razziale ed Etnica del Ministero delle Pari Opportunità ha fornito assistenza alle vittime della discriminazione. Nel 2005 ha ricevuto sulla sua hot line telefonica 3.400 telefonate, di cui 282 sono casi accertati di discriminazione contro minoranze etniche o razziali. La maggior parte dei reclami si riferivano a questioni salariali, lavoro straordinario, e discriminazione in pubblico. L'Ufficio ha fornito assistenza legale ed aiuto nella mediazione delle controversie.

Altri abusi e discriminazioni sociali

Nel giugno 2005 la Corte amministrativa di Catania ha condannato il Ministero dei Trasporti per aver richiesto la revoca della patente di guida di un omosessuale, a causa del suo orientamento sessuale. Alla fine dell’anno, stava per iniziare il processo civile per la revoca della sospensione della patente ed una richiesta di risarcimento.

Sezione 6 Diritti dei lavoratori

a. Il diritto d'associazione

Le legge garantisce il diritto di organizzare, partecipare, e svolgere attività sindacali nel luogo di lavoro, senza previa autorizzazione o eccessivi requisiti, e nella pratica i lavoratori hanno esercitato questi diritti. I sindacati hanno affermato di rappresentare tra il 35 e il 40 per cento della forza lavoro.

b. Diritto di organizzarsi e condurre negoziati collettivi

La legge consente ai sindacati di svolgere le loro attività senza interferenze, e nella pratica il governo ha protetto questo diritto. La legge prevede il diritto dei lavoratori di organizzarsi e condurre negoziati collettivi, ed i lavoratori hanno di fatto esercitato questo diritto. Approssimativamente il 35 per cento della forza lavoro svolge la propria attività nell'ambito di un accordo negoziato collettivamente, ma anche quelli che, pur non aderendo al sindacato, lavorano insieme ai dipendenti che ne fanno parte, hanno potuto godere dagli stessi accordi. La legge prevede il diritto allo sciopero, e i lavoratori hanno esercitato questo diritto conducendo scioperi legittimi. La legge prevede restrizioni agli scioperi che hanno effetto sui servizi pubblici essenziali (come trasporti, servizi igienici e sanitari), per i quali rende necessario un preavviso più lungo, e proibisce gli scioperi multipli a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro.

Non esistono zone di trasformazione per l'esportazione.

c. Proibizione del lavoro forzato o coatto

La legge proibisce il lavoro forzato o coatto, incluso quello infantile; tuttavia, secondo alcune denunce, si sono verificati dei casi di questo tipo (vedi sezione 5, Traffici degli esseri umani).

d. Proibizione del lavoro minorile ed età minima per l'avvio al lavoro

Il governo ha posto in atto leggi e politiche generalmente concepite allo scopo di proteggere i bambini dallo sfruttamento sul posto di lavoro; tuttavia, il lavoro infantile è rimasto un problema. La legge proibisce l'impiego di bambini al di sotto dei 15 anni (con alcune limitate eccezioni), e ci sono specifici limiti all'occupazione in attività rischiose o malsane per gli uomini al di sotto dei 18 anni e le donne al di sotto dei 21.

Nei fatti, queste leggi in genere sono state fatte rispettare in modo efficace. Tuttavia, nel vasto settore dell'economia sommersa, è stato difficile imporre il rispetto dell'età minima o di altre leggi a protezione dell'infanzia. Nel 2005, un centro di ricerca indipendente ha stimato che il numero dei bambini sotto i 15 anni d’età che durante l’anno avevano lavorato almeno occasionalmente, ammontava approssimativamente a 460 mila, mentre 70 mila avevano lavorato per almeno 4 ore al giorno. Molti di questi ragazzi aiutavano i loro genitori in piccole attività agricole o commerciali (questo tipo di attività è illegale, se interferisce con l’istruzione).

Nel paese hanno continuato ad entrare illegalmente moltissimi bambini destinati al lavoro, provenienti dal Nord Africa, Filippine, Albania e Cina (vedi sezione 5, Bambini).

Il traffico di bambini ha costituito un problema (vedi sezione 5).

Il governo, le associazioni dei datori di lavoro ed i sindacati hanno continuato la loro cooperazione a tre in merito al lavoro infantile. Spetta al Ministero del Lavoro, che opera insieme a polizia e carabinieri, far rispettare le leggi sul lavoro minorile, ma gli sforzi compiuti sono stati in genere inefficaci. Nella prima metà dell'anno, il Ministero del Welfare ha condotto ispezioni in 2.311 aziende, per un totale di 12.830 lavoranti, ed ha scoperto 2.276 cittadini italiani di età compresa tra i 14 e i 18 anni e 259 stranieri, legali ed illegali. Il Ministero ha multato le aziende per violazioni delle norme che prevedono controlli medici periodici (600 casi), rispetto degli orari di lavoro e delle ferie (158 casi) ed età minima (84 casi di impiego di bambini al di sotto dei 15 anni.)

e. Condizioni di lavoro accettabili

La legge non fissa le retribuzioni minime, che sono invece fissate tramite negoziati collettivi settore per settore. Nella maggior parte delle industrie, la retribuzione minima ha consentito uno standard di vita dignitoso al lavoratore e alla sua famiglia. Per la definizione delle retribuzioni, i giudici hanno, di fatto, imposto il rispetto dei contratti collettivi, ma i lavoratori dell’economia sommersa hanno spesso lavorato per molto meno.

La settimana legale di lavoro è di 40 ore. Il lavoro straordinario non può superare le 2 ore al giorno o una media di 12 ore a settimana. A meno che non sia limitata da un contratto collettivo, la quantità massima di lavoro straordinario consentita nelle aziende del settore industriale è fissata per legge a non più di 80 ora per trimestre e 250 ore all'anno. I periodi di riposo non possono obbligatoriamente essere inferiori a un giorno a settimana e 11 ore al giorno. Per gli straordinari è richiesta una retribuzione maggiore. Questi standard sono stati fatti rispettare in modo efficace.

La legge dispone i criteri di base in campo sanitario e della sicurezza, e fissa le linee guida per gli indennizzi in caso di infortuni sul lavoro. Gli ispettori del lavoro facevano parte del Servizio Sanitario Nazionale o del Ministero del Lavoro, ma erano in numero insufficiente per garantire l’applicazione adeguata degli standard relativi alla salute ed alla sicurezza. Tali standard non sono stati applicati nel rilevante mercato dell’economia sommersa. I lavoratori hanno il diritto di sottrarsi a situazioni di lavoro pericolose, senza compromettere la stabilità del loro posto di lavoro, e il governo ha fatto rispettare efficacemente questo diritto.

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