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Assistant Secretary of State for European and Eurasian Affairs, Daniel Fried

Assistant Secretary of State for European and Eurasian Affairs, Daniel Fried

TRADUZIONE INFORMALE, DA NON CONSIDERARE COME TESTO UFFICIALE

Relazioni USA-Europa: opportunità e sfide, 8 marzo 2006

Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America|
Ufficio Affari Europei ed Eurasiatici
Washington, D.C.

Dichiarazione di Daniel Fried, Assistente Segretario di Stato per gli Affari Europei, rilasciata alla Commissione della Camera per le Relazioni Internazionali, Sottocommissione per gli affari europei e le minacce emergenti

Presidente Gallegly, Onorevole Wexler (membro del Congresso), signori membri della Commissione, grazie per avermi dato l’opportunità di parlare in questa sede, oggi, in merito alle relazioni con i nostri amici ed alleati europei, nell’obiettivo comune di affrontare le sfide mondiali. Il Dipartimento di Stato, ed in particolare l’Ufficio per gli Affari Europei ed Eurasiatici, sta lavorando costantemente con 43 paesi europei e contemporaneamente con istituzioni multilaterali della NATO, con l’Unione Europea (UE), l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). I nostri ambasciatori, colleghi sul campo, ed i membri dell’Ufficio per gli Affari Europei lavorano congiuntamente per promuovere il programma del Presidente Bush e del Segretario di Stato Condoleezza Rice, basato sulla collaborazione tra Stati Uniti ed Europa per promuovere la libertà e la prosperità in tutto il mondo.

I nostri sforzi comuni sono tesi a diffondere la libertà e la prosperità di cui godiamo oltre i confini europei, non soltanto tenendo conto delle nostre esigenze di sicurezza, ma al fine di migliorare la sicurezza ed il benessere del mondo intero, al quale è legato il nostro futuro. Inoltre, continuiamo a lavorare con i nostri alleati europei per combattere la tirannia e risolvere quei conflitti che persistono lungo le frontiere europee della libertà, come la Bielorussia, il Caucaso meridionale ed i Balcani. Per realizzare questi obiettivi, cerchiamo di potenziare e rafforzare le risorse di istituzioni multilaterali, come NATO ed OSCE, e consolidare le relazioni USA-EU.

Esistono delle divergenze con alcuni paesi europei in merito a certe problematiche, come ad esempio la famosa decisione di rovesciare Saddam Hussein. Tuttavia, nel corso dello scorso anno, ho notato un cambiamento tra gli Europei: sono meno legati alle controversie passate, e c’è un maggiore impegno nel lavorare insieme per affrontare le sfide mondiali. Il Presidente Bush ed il Segretario Rice credono nell’alleanza tra America ed Europa. Nel suo secondo discorso inaugurale, il Presidente ha affermato molto chiaramente: “Tutti gli alleati degli Stati Uniti sanno che noi onoriamo la loro amicizia, seguiamo i loro consigli e dipendiamo dal loro aiuto. Lo sforzo comune delle nazioni libere nel promuovere la democrazia, segna l’inizio della sconfitta dei nostri nemici”. Le controparti europee condividono questo impegno e questa visione. Come ha fatto notare il Primo Ministro Tony Blair: “Un mondo frazionato, diviso ed incerto deve essere ricomposto per combattere questo terrorismo globale in tutte le sue espressioni, e riconoscere che esso non sarà sconfitto soltanto attraverso azioni militari, ma dimostrando la forza dei nostri valori comuni”.

Le opinioni degli europei e degli americani sulle sfide mondiali e sull’atteggiamento strategico più appropriato da tenere nell’era post 11 settembre, sono sempre più simili, sebbene vi siano alcune differenze per quanto riguarda le tattiche. Lavorando con l’Europa sulle strategie mondiali, è importante riconoscere e ribadire la relazione speciale e l’alleanza che ci lega al Regno Unito. La Gran Bretagna è stato il nostro alleato più fidato in diverse occasioni, dall’Iraq all’anti-terrorismo in Afghanistan, dal processo di pace in Medio Oriente alla riforma delle Nazioni Unite, e così via. L’appoggio del Regno Unito è stato fondamentale per promuovere gli interessi americani, relativi alle priorità più importanti della nostra politica estera. Nel suo intervento davanti al Congresso riunito in sessione plenaria, il Primo Ministro italiano Berlusconi ha osservato: “L’Europa ha bisogno dell’America e l’America ha bisogno dell’Europa”. La dichiarazione del Cancelliere tedesco Angela Merkel sugli obiettivi comuni, rafforza ulteriormente il concetto che un’Europa forte può agire in accordo con gli Stati Uniti.

Non corrono più quelle voci che volevano un’Europa forte, che facesse da “contrappeso” al potere economico, politico e militare degli Stati Uniti. Nonostante i dibattiti avvenuti nel 2003 e nel 2004 a proposito dell’Iraq, ritengo che esista un consenso transatlantico, il quale riconosce che i nostri interessi comuni non possono essere separati dai nostri valori comuni, che il governo democratico ha maggiore legittimità di qualsiasi altra forma di governo, e che ciò è vero in qualunque parte del mondo. Questo consenso include, oltretutto, il riconoscimento che l’obiettivo della cooperazione tra Stati Uniti ed Europa non consiste soltanto nel risolvere i problemi o agire da regolatore di una competizione senza regole, ma è indispensabile per portare avanti un’azione comune alla ricerca della libertà.

Sono consapevole dello scetticismo con il quale alcuni segmenti del pubblico europeo guardano gli Stati Uniti. Per molto tempo i mezzi di comunicazione hanno prestato un’eccessiva attenzione ai risultati di sondaggi occasionali e provocatori, che mostravano divisioni o divergenze tra Americani ed Europei. Tuttavia, alcuni sondaggi positivi sono riusciti ad offuscare gli altri. Secondo un sondaggio sul Piano Marshall in Germania, avvenuto lo scorso settembre, la grande maggioranza degli europei – il 74 % - è a favore dell’azione congiunta Europa-America per diffondere la democrazia nel mondo. Sebbene lo stesso sondaggio riflettesse il desiderio di un Europa in grado di acquisire uno “status di superpotere”, gli europei avrebbero comunque utilizzato questa condizione per lavorare con gli Stati Uniti e promuovere l’obiettivo principale della politica estera americana – la diffusione della libertà.

Il nostro programma a favore della libertà riveste carattere di urgenza. Il nostro coinvolgimento comune e diretto è necessario in tutto il mondo, specialmente in Medio Oriente. In ogni area di questa regione, gli Stati Uniti si sono impegnati a sostenere un cambiamento positivo e ad agire con i partner europei e con quelli di altre nazioni per il raggiungimento di tali obiettivi. Gli europei stanno addivenendo alla stessa conclusione: che condividiamo, cioè, interessi comuni. E da interessi comuni scaturiscono azioni comuni.

Iran

L’Iran costituisce l’esempio più significativo. Durante lo scorso anno, fino ad arrivare al momento clou di quest’anno, con il voto unanime del 4 febbraio del Consiglio dei Ministri dell’IAEA a favore del deferimento dell’Iran al Consiglio di Sicurezza, abbiamo lavorato in stretto contatto con gli stati dell’EU-3 – Francia, Germania e Gran Bretagna – per cercare di limitare il programma nucleare dell’Iran e trovare una soluzione. Abbiamo appoggiato completamente i tentativi dell’EU-3 di dichiarare la responsabilità dell’Iran, dopo che questo paese si era rifiutato di porre fine al suo programma nucleare. La nostra decisione di lavorare con l’EU-3 e con gli altri stati sulla questione iraniana ha portato ai voti storici dell’IAEA e all’unità transatlantica, in risposta alla minaccia nucleare rappresentata dal progetto iraniano. Gli sforzi della Russia di perseguire una soluzione diplomatica di questa situazione di stallo sono stati notevoli, ma hanno causato frustrazione, perché per l’Iran lo scopo dei negoziati non consisteva nel risolvere la crisi, ma nel guadagnare tempo. Abbiamo sostenuto strenuamente la proposta della Russia, che contemplava lo svolgimento delle attività di arricchimento dell'uranio non direttamente sul territorio iraniano, bensì sul proprio; ciò avrebbe permesso di soddisfare la discutibile richiesta energetica da parte dell’Iran e, allo stesso tempo, avrebbe assicurato che Teheran non perseguisse attività legate al ciclo del combustibile.

La ricerca dell’arma atomica da parte dell’Iran è preoccupante. Tuttavia, il problema ha dimensioni più ampie. Non soltanto il regime di Teheran è deciso a produrre armi nucleari; sostiene perfino il terrorismo e l’instabilità globale, e continua ad opprimere la propria gente – negando loro le libertà fondamentali ed i diritti umani.

Gli Stati Uniti stanno aiutando il popolo iraniano, che non è il nostro avversario e merita la libertà come tutti gli altri. Il mese scorso, il Segretario di Stato Rice ha richiesto al Congresso lo stanziamento di 75 milioni di dollari per costruire la democrazia in Iran. Con questi fondi possiamo accrescere il nostro sostegno a favore di questa gente, che lotta per garantirsi una vita più libera. L’Europa, con i suoi legami commerciali e diplomatici con l’Iran, ha l’opportunità di promuovere una politica di riforme in questo paese. Continueremo a lavorare con l’Europa per garantire che la comunità internazionale si esprima con voce unanime sulla questione iraniana, in particolar modo in merito alla necessità di quel paese di godere di diritti umani e di democratizzazione.

Iraq

Lungo il confine iraniano, in direzione ovest, gli iracheni sciiti, sunniti, curdi ed altre comunità, stanno cercando di realizzare le loro aspirazioni attraverso la democrazia. Le tensioni religiose che si sono scatenate dopo l’esplosione che ha colpito la moschea di Askariya, il 22 febbraio, hanno rappresentato una sfida maggiore per la popolazione irachena – ed abbiamo visto come i capi di governo e i leader della società religiosa e civile abbiano condannato l’attentato, e stiano lavorando insieme per soffocare le ribellioni. Anche i leader americani ed europei hanno condannato all’unanimità questo gesto atroce. Abbiamo apprezzato le dichiarazioni dell’Alto Commissario Solana, come pure quelle di alcuni membri dell’Unione Europea, il quale ha condannato la violenza di Samarra ed ha esortato tutte le parti a riprendere la formazione di un governo di unità nazionale. Le sue forti parole sulla possibilità di dialogo sono state di grande aiuto.

L’attenzione dell’Europa si sta spostando dalle divergenze passate ad un impegno comune in vista di un futuro migliore per questo paese. A questo proposito si levano voci da più parti, come quella del Cancelliere tedesco Merkel, che ha ricordato ad americani ed europei che costruire un Iraq democratico è nell’interesse di tutti, oppure quella del Primo Ministro de Villepin, che ora ha dichiarato che la comunità internazionale deve “proseguire insieme” per raggiungere il successo.

Qualunque siano state le nostre divergenze con alcuni paesi europei circa la decisione di rimuovere dal potere Saddam Hussein, gli europei adesso hanno capito che il fallimento della democrazia in Iraq costituirebbe un serio attentato alla nostra sicurezza comune ed alle prospettive di riforma e stabilità in tutto il Medio Oriente. Lo scorso giugno a Bruxelles, gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno co-ospitato una conferenza sull’Iraq, cui hanno partecipato i ministri di oltre 80 paesi, che ha riconfermato il sostegno della comunità internazionale per un futuro democratico in Iraq. Il successo iracheno potrebbe rappresentare il punto di partenza per un’ulteriore diffusione della libertà in tutta la regione.

Gli europei non ci stanno soltanto aiutando a cambiare i toni del discorso, ma stanno agendo. Diciannove partner europei collaborano all’Operazione Iraqi Freedom, e quattro nostri Alleati contribuiscono alla Missione di Addestramento NATO in Iraq, allo scopo di preparare Forze di Sicurezza Irachene (ISF) competenti, autosufficienti e non settarie.

I nostri forti alleati, l’Italia ed il Regno Unito, guidano la missione di addestramento, con lo scopo di stabilire un comando ISF, provvedere alla creazione di strutture di addestramento e di formazione e preparare ufficiali governativi iracheni a tutti i livelli. A dicembre, gli alleati hanno concordato di estendere l’addestramento anche a coloro che non ricoprono la carica di ufficiale governativo. Durante le scorse settimane, alcuni alleati come Germania, Norvegia e Regno Unito, hanno stanziato ulteriori fondi a favore della missione. Gli alleati europei hanno donato all’Iraq equipaggiamento militare per un valore di 120 milioni di dollari. Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha contribuito con progetti di sviluppo per un valore di 200 milioni di dollari, ed ha in programma di fare la stessa cosa per il 2006.

Quando sarà nominato il nuovo governo iracheno permanente, eletto democraticamente, speriamo e ci aspettiamo che l’Europa lo sostenga, poiché il cammino verso la pace in Iraq avviene attraverso un governo capace, che riceva la sua legittimità all’interno e l’appoggio dei paesi esteri.

La questione israelo-palestinese

La cooperazione transatlantica include i tentativi per portare la pace tra Israele ed i palestinesi. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea nutrono le stesse preoccupazioni nei confronti di Hamas, ed insistono sul fatto che il nuovo governo palestinese debba riconoscere lo stato di Israele, rinunciare alla violenza ed accettare gli accordi e gli obblighi esistenti tra le parti. Come gli Stati Uniti, anche l’Unione Europea sta rivedendo il programma di assistenza umanitaria ai palestinesi, per garantire, da un lato, che Hamas non tragga beneficio da questi aiuti e che, dall’altro, prosegua l’assistenza umanitaria per il popolo palestinese.

Libano

Per oltre un anno, gli Stati Uniti e la Francia hanno guidato le attività intraprese dalla comunità internazionale per promuovere la sovranità e l’indipendenza libanese. La comunità internazionale ha parlato con voce unanime sulla necessità di terminare l’interferenza siriana in Libano, particolarmente quando il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato all’unanimità le risoluzioni 1636 e 1644, che hanno costretto la Siria a collaborare nell’inchiesta delle Nazioni Unite sull’assassinio dell’ex-premier libanese Hariri.

Afghanistan

Insieme ai nostri alleati europei, abbiamo raggiunto enormi progressi in Afghanistan, laddove le Forze di Intervento per la Sicurezza Internazionale (ISAF) guidate dalla NATO, espanderanno quest’anno la loro presenza in Afghanistan meridionale. La scorsa settimana sono stato in Afghanistan con il Comandante Supremo Alleato in Europa della NATO, il Generale Jones, ed ho constatato personalmente come l’ISAF si stia preparando ad affrontare questa ulteriore responsabilità, che consiste nel promuovere i nostri comuni interessi per un Afghanistan sicuro, democratico, stabile, che non costituirà più un rifugio per i terroristi.

Iniziativa del G8 per i paesi del Grande Medio Oriente e del Nord Africa ( Broader Middle East and North Africa Initiative- BMENA )/ Forum per il futuro (Forum for the Future)

L’agenda americana-europea prevede, attualmente, una serie di sforzi a sostegno delle riforme e della democrazia, attraverso il governo e la società civile nel Grande Medio Oriente. Abbiamo cominciato con l’iniziativa BMENA, a favore dei paesi dell’area medio-orientale e del Nord Africa, varata dagli Stati Uniti in qualità di presidente del G8, durante il summit a Sea Island, nel 2004. Da allora, l’iniziativa BMENA è cresciuta nel quadro delle iniziative del G8 ed ora annovera molte altre nazioni europee tra i suoi maggiori sostenitori. Uno dei risultati più soddisfacenti dell’iniziativa stessa è il Forum per il Futuro (Forum for the Future), un corpo di rappresentanza a livello ministeriale che, da quando ha avuto luogo il primo incontro a Rabat, è diventato il sito principale per promuovere intenti comuni, quali riforme, democrazia e sviluppo, ed ha esteso la partecipazione agli incontri a gruppi di società civili, parlando direttamente ai governi.

Lo scorso novembre ho partecipato con il Segretario Rice al secondo Forum che si è tenuto in Bahrain, la cui agenda prevedeva la discussione dei seguenti punti: “società civile e democrazia”, “conoscenza e istruzione”. Il clou della manifestazione si è avuto con l’approvazione del progetto BMENA dal titolo Fondazione per il Futuro, a sostegno delle organizzazioni popolari delle società civili che lavorano per promuovere la democrazia e la libertà, e con l’istituzione del Fondo per il Futuro, per offrire il capitale necessario alle piccole e medie aziende. L’Europa svolge un ruolo importante, in quanto i suoi legami storici, politici ed economici con quella regione costituiscono una voce che viene ascoltata, e sono contento del fatto che otto governi europei e la Commissione Europea, abbiano promesso contributi per finanziare la Fondazione ed il Fondo per il Futuro. Non tutti i governi di quella regione appoggiano questi sogni di democrazia con lo stesso entusiasmo. Tuttavia, i riformatori ci sono, sia all’interno che all’esterno di tali governi. E Stati Uniti ed Europa, i due grandi centri della legittimità democratica nel mondo, sono al loro fianco.

Problematiche mondiali

In aggiunta alle questioni mediorientali ed a quelle dell’Afghanistan, la nostra cooperazione con l’Europa riguarda anche problematiche transnazionali. Lavoriamo insieme quotidianamente per impedire la proliferazione delle armi nucleari, debellare le malattie, combattere la corruzione ed arrestare il traffico dei narcotici. Ad esempio, per anni gli Stati Uniti hanno sostenuto l’Iniziativa di Cooperazione dell'Europa sud-orientale (SECI), che prevede una collaborazione grazie alla quale molti paesi europei si scambiano informazioni ed organizzano operazioni anti-crimine. Stiamo, inoltre, lavorando al fianco dell’Austria, che quest’anno svolge la funzione di presidente di turno dell’Unione Europea, per promuovere il suo progetto che mira ad ottenere maggiori progressi nella lotta contro il crimine organizzato e la corruzione, soprattutto nei Balcani.

Sul fronte anti-terrorismo, i paesi europei danno un contributo essenziale nelle aree che riguardano l’informazione e la condivisione di intelligence, smantellando cellule terroristiche, contrastando la logistica ed i finanziamenti delle reti terroristiche e partecipando alla ricostruzione dell’Afghanistan. Lavoriamo giornalmente con gli alleati europei per aumentare l’efficacia dei loro sforzi contro il terrorismo, e per aiutare quei paesi del mondo meno esperti a migliorare la propria capacità di combatterlo. Insieme a questi partner, abbiamo raggiunto notevoli progressi nel costituire un consenso internazionale alla lotta contro il terrorismo attraverso le convenzioni delle Nazioni Unite, limitando la libertà d’azione dei terroristi e impedendo loro l’accesso ai finanziamenti. La condivisione di intelligence tra Stati Uniti ed Europa e le attività delle forze dell’ordine hanno riportato enormi successi, arrestando terroristi ed impedendo loro l’accesso alle risorse finanziare e logistiche. Per citare alcuni esempi, vorrei farvi notare i progressi ottenuti, durante lo scorso anno, grazie al progetto Riconoscimento del Nome del Passeggero, all’Iniziativa per la Sicurezza dei Container, all’inserimento dei dati biometrici nei documenti di riconoscimento ed alla cooperazione per la rilevazione dei dati nelle telecomunicazioni.

La cooperazione europea è fondamentale per intensificare i nostri sforzi, nell’ambito del Partenariato Globale del G8 contro la diffusione delle armi di distruzione di massa (WMD). Nel quadro dei nostri contributi a favore della lotta contro la diffusione delle armi di distruzione di massa, sta continuando l’impegno statunitense per il Piano di Collaborazione per la Riduzione della Minaccia Nucleare (Cooperative Threat Reduction – CTR), e stiamo lavorando su altri progetti, con paesi quali Russia, Ucraina, Albania, Azerbaijan, Moldavia, Kazakhstan ed Uzbekistan, per arrestare la minaccia delle armi di distruzione di massa.

Il nostro partenariato per risolvere il problema dell’influenza aviaria ha fatto grandi passi in avanti, sia nel capire la natura della sua diffusione dall’Asia all’Occidente, che nel creare le infrastrutture e le capacità necessarie per affrontare un’eventuale pandemia. Alla fine dello scorso mese, alcuni funzionari politici americani, insieme alle loro controparti della Commissione Europea, hanno partecipato alla prima di quella che potrebbe essere una delle tante Conferenze Video Digitali, allo scopo di rafforzare la pianificazione ed il coordinamento delle rispettive attività internazionali. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea co-ospiteranno il prossimo incontro di un’iniziativa presidenziale, intitolata Partenariato Internazionale sull’Influenza Aviaria e Pandemica, che avrà luogo a Vienna nel giugno prossimo.

La comunità transatlantica sta puntando molto sul processo così complesso dell’integrazione delle comunità mussulmane nei rispettivi paesi europei di residenza, e la difficoltà insita in questa sfida si è manifestata nella controversia sulle vignette danesi. Fortunatamente, le manifestazioni in Europa contro le vignette sono state pacifiche, sebbene alcune reazioni siano state inutilmente eccessive. Riteniamo che le vignette siano senza alcun dubbio offensive; che la libertà di stampa sia un diritto inalienabile, essenziale per le società libere; che la questione delle vignette sia stata strumentalizzata da governi cinici ed ipocriti, come i regimi di Siria ed Iran; e che la democrazia è il sistema migliore per riconciliare i diversi, ma pur sempre compatibili, valori di libertà, tolleranza e rispetto. Gli Stati Uniti continueranno ad incoraggiare il dialogo sulla questione delle vignette, che dovrà basarsi sull’osservanza di tali principi.

Gli Stati Uniti possono dare un contributo a sostegno dell’integrazione delle crescenti popolazioni mussulmane in Europa. Uno dei nostri obiettivi consiste nel migliorare la comprensione degli Stati Uniti da parte dei mussulmani europei. I mezzi a nostra disposizione sono i programmi della diplomazia pubblica, inclusi gli scambi culturali, l’invio di esperti americani per tenere conferenze o per effettuare interventi attraverso i mezzi di comunicazione. Il nostro Ambasciatore a Bruxelles ha organizzato un programma innovativo, che prevede la partecipazione di mussulmani americani e belgi, e sembra che esso abbia suscitato un certo entusiasmo tra i partecipanti. Il secondo obiettivo consiste nel trovare dei modi per migliorare le relazioni tra popolazioni minoritarie e maggioritarie. La nostra ambasciata in Olanda, in collaborazione con la Camera di Commercio Americana, ha promosso un programma di internato per la minoranza giovanile. Un altro obiettivo importante consiste nell’incoraggiare i leader e le popolazioni appartenenti alle comunità mussulmane, a sostenere risoluzioni pacifiche e parlare apertamente contro i sostenitori della violenza.

Lavorando con l’Europa lungo le frontiere europee della libertà

Siamo perfettamente coscienti del bisogno di diffondere o consolidare la democrazia all’interno dell’Europa, in quei posti dove essa non esisteva nemmeno nel corso della generazione passata. E, sfortunatamente, ci sono alcuni paesi in Europa dove la democrazia non è ancora giunta.

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea si esprimono, con voce unanime, a sostegno delle aspirazioni democratiche della popolazione della Bielorussia. Una dimostrazione di ciò è avvenuta recentemente durante il tentativo, risultato vano, di inviare il sottoscritto e la sua controparte europea a Minsk, per portare un messaggio relativo alla conduzione delle prossime elezioni presidenziali del 19 marzo. Quando le autorità bielorusse si sono opposte al nostro viaggio, nel tentativo di separarci, siamo rimasti uniti. Siamo d’accordo che ci serviremo di queste elezioni, per quanto viziate esse possano essere, per puntare i riflettori sulla Bielorussia, sul suo popolo e sulla fosca amministrazione del suo governo. Un esempio recente e significativo di cooperazione nell’ambito dei progetti di assistenza, è stato il nostro sforzo congiunto per sostenere l’indipendenza dei mezzi di comunicazione, e in special modo quello delle radiotrasmissioni per l’estero, per spezzare il potere repressivo dell’informazione di Lukashenko.

Con i nostri amici europei condividiamo un forte impegno nei confronti della sovranità ucraina, del suo continuo sviluppo democratico ed economico e della sua integrazione euro-atlantica. Ci stiamo consultando con i nostri partner europei sulla questione cruciale della sicurezza energetica dell’Ucraina e dell’intera regione. Apprezziamo il principio morale di alcuni stati europei sul fatto che i mercati energetici non dovrebbero essere manipolati per un tornaconto economico. Stiamo anche lavorando con gli europei, per sostenere in Ucraina delle elezioni libere ed una società civile. Le politiche di questo stato sono difficili, come tendono ad essere tutte le politiche nella prime fasi di un’evoluzione post-comunista. Tuttavia, lavoreremo con il prossimo governo ucraino dopo queste elezioni di fine mese, cercando di appoggiare le riforme di questo stato e le sue aspirazioni europee e transatlantiche.

La Georgia può essere considerata un successo nell’ambito del nostro programma per la libertà, sebbene questo lavoro sia appena iniziato. Dalla Rivoluzione delle Rose, il governo del Presidente Saakashvili ha portato la Georgia da uno stato debole ad una nazione in fase di democratizzazione, con una crescente economia di mercato. Durante la visita in questo paese del Presidente Bush, avvenuta nel maggio 2005, egli ha promesso che gli Stati Uniti avrebbero fatto tutto il possibile per aiutare la popolazione a consolidare tali cambiamenti. Il futuro di questo stato è nella comunità euro-atlantica. Il lavoro più impegnativo per attuare le riforme deve essere svolto dalla Georgia, ma il governo degli Stati Uniti farà ciò che è in suo potere per aiutare questo paese ad aiutare se stesso, lavorando con i nostri alleati europei, attraverso la NATO e l’Unione Europea.

Gli Stati Uniti stanno lavorando intensamente per promuovere una risoluzione pacifica dei conflitti separatisti in Georgia. Il governo georgiano ha promosso un piano di pace per l’Ossezia meridionale, sostenuto dalla comunità internazionale, e sta iniziando ad intraprendere dei passi unilaterali per smilitarizzare la regione. Sosteniamo questo impegno insieme ai nostri amici dell’OSCE, e continueremo ad incoraggiare i progressi compiuti nell’ambito dei negoziati. In qualità di membro dell’iniziativa Amici del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Georgia, gli Stati Uniti partecipano ai negoziati per una risoluzione pacifica dell’Abkhazia. Non ci sono stati progressi durante gli ultimi mesi, e stiamo esortando la Georgia e l’Abkhazia ad intraprendere passi concreti nel portare avanti questo processo. Sia in Ossezia meridionale che in Abkhazia, la Federazione Russa potrebbe fare di più per risolvere i conflitti.

Non esiste miglior esempio dell’importanza della cooperazione transatlantica come i nostri sforzi per portare la pace nei Balcani. E’ appena trascorso il decimo anniversario degli Accordi di Dayton, che ha posto fine alla guerra in Bosnia. Sei anni dopo l’intervento della NATO per fermare una catastrofe umanitaria nel Kosovo, stiamo ora lavorando con i nostri amici europei per una risoluzione finale della questione, che porterà una pace duratura a tutte le popolazioni di quella regione. Nonostante ci siano ancora delle difficoltà da appianare, riteniamo che questo sia l’anno in cui verrà presa la decisione che segnerà il cammino verso il futuro del Kosovo – un futuro che cementerà la stabilità in Europa sudorientale, promuoverà lo sviluppo della democrazia e porrà saldamente la regione sulla strada dell’integrazione con le istituzioni euro-atlantiche. Gli Stati Uniti promuoveranno questi obiettivi, attraverso la nostra continua presenza nella missione KFOR - forza internazionale di intervento sotto il comando NATO di stanza in Kosovo - ed attraverso il sostegno all’Inviato Speciale delle Nazioni Unite Martti Ahtisaari, impegnato a trovare la giusta soluzione per il futuro del Kosovo.

Insieme alla Turchia, alleato NATO da lungo tempo e stato candidato all’Unione Europea, stiamo lavorando per rafforzare e modernizzare la nostra alleanza. Gli Stati Uniti e la Turchia condividono un programma mondiale che prevede un impegno ed una cooperazione nell’ambito della NATO ed una co-sponsorizzazione della Turchia nel Dialogo per sostenere la Democrazia (Democracy Assistance Dialogue), nell’ambito dell’iniziativa BMENA. La Turchia sta lavorando per promuovere stabilità e prosperità politica ed economica in Iraq, ed ha svolto un ruolo determinante nel processo di pace e di sviluppo dell’Afghanistan. Riteniamo che uno stato come la Turchia, che ottiene progressi economici, rafforza la sua democrazia e si mantiene saldamente ancorata all’Europa, costituisce uno dei partner maggiori e migliori degli Stati Uniti e dell’Europa stessa. Centocinquant’anni di ammodernamento delle riforme possono costituire un esempio per il Grande Medio Oriente, e per quei paesi che cercano le libertà democratiche per le loro popolazioni, a maggioranza mussulmana.

Le relazioni Stati Uniti- Russia includono sia momenti di collaborazione, che motivi di disaccordo. I nostri due paesi sono impegnati in modo attivo e costruttivo a livello bilaterale, regionale e multilaterale sulle problematiche più importanti, dalle attività anti-terrorismo a quelle contro il traffico degli esseri umani. Lavoriamo insieme quotidianamente per impedire l’accesso dei terroristi ai finanziamenti, per lo scambio informazioni tra forze dell’ordine, per migliorare la sicurezza dei trasporti ed arrestare la proliferazione delle armi di distruzione di massa.

La cooperazione con la Russia è molto ampia. Ho già parlato dell’Iran. Gli Stati Uniti e la Russia cercano di diffondere la pace in Medio Oriente attraverso il Quartetto. Se da un lato noi non incontreremo Hamas, riconosciuta organizzazione terroristica straniera, dall’altro apprezziamo le garanzie fornite dalla Russia che, in occasione dell’incontro del 3 marzo con i rappresentanti di Hamas, ha rafforzato le condizioni imposte dal Quartetto, affermando chiaramente che un governo presieduto da Hamas, in rappresentanza dell’Autorità Palestinese, deve rinunciare alla violenza, riconoscere l’esistenza dello stato di Israele ed accettare gli accordi preesistenti, inclusa la Roadmap per il Medio Oriente. Entrambi i nostri paesi riconoscono le sfide che la ricostruzione di un Afghanistan devastato dalla guerra comporta, e la Russia ha recentemente cancellato dieci miliardi di dollari di debito che l’Afghanistan aveva contratto. Oltre quella regione, gli Stati Uniti e la Russia, in qualità di membri del Negoziato a Sei (Six-Party Talks), cercano di portare stabilità nella penisola coreana, attraverso una risoluzione del programma nucleare nord-coreano. Stiamo, inoltre, lavorando insieme nell’ambito del G8, sulle priorità che la Russia ha identificato durante la sua prossima Presidenza: malattie infettive, istruzione e sicurezza energetica. La cooperazione economica continua, specialmente nel settore energetico, e stiamo ottenendo progressi sostanziali per far entrare la Russia nell’Organizzazione Mondiale per il Commercio.

Non siamo immuni dall’essere in disaccordo. Qualcuno, in Russia, non tiene assolutamente in considerazione le relazioni degli Stati Uniti con i paesi confinanti della Russia e gli altri paesi dell’Eurasia; questo approccio è sbagliato, e noi lo abbiamo dichiarato ai Russi, sia pubblicamente che privatamente. Cerchiamo di lavorare con la Russia e con gli altri paesi per risolvere conflitti pericolosi e debilitanti, come quelli che avvengono in Ossezia meridionale, in Transnistria, in Abkhazia, ed in Nagorno-Karabakh. Speriamo che la Russia tragga profitto dalle proposte della Georgia per una risoluzione pacifica del conflitto in Ossezia meridionale, e si adoperi per una soluzione che rispetti sia l’integrità territoriale georgiana, sia gli interessi del popolo osseziano. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea sono impegnati come osservatori nei “Negoziati a 5+2” (5+2 Talks) sulla Transnistria. Abbiamo invitato la leadership armena ed azera a cogliere l’attimo, e dare il proprio contributo per porre fine al conflitto Nagorno-Karabakh. Speriamo che la Russia decida di sostenere una politica di riforme in Bielorussia ed Uzbekistan, i cui leader hanno intrapreso la strada della repressione. Gli Stati Uniti ed i nostri alleati NATO continuano ad esortare la Russia ad adempiere ai restanti impegni di Istanbul, relativi al ritiro delle sue forze militari dalla Georgia e dalla Moldavia. Abbiamo affermato chiaramente che, provvedere agli obblighi di Istanbul, è un prerequisito essenziale per proseguire con la ratifica del Trattato Adattato sulle Forze Convenzionali in Europa (CFE - Conventional Forces Europe).

Siamo preoccupati per le tendenze democratiche in Russia. L’oggetto particolare della nostra attenzione è la nuova legge russa sulle Organizzazioni Non Governative (NGO), che dovrebbe entrare in vigore il 10 aprile. Gli Stati Uniti hanno lavorato insieme ai nostri alleati europei ed a quelli che fanno parte del G-8, per esprimere tutto il nostro timore per questo provvedimento, mentre era ancora in fase di considerazione da parte della Duma. Crediamo che un simile provvedimento possa raffreddare e scoraggiare una società civile indipendente in Russia. Ci siamo ripromessi, con i nostri alleati europei, di osservare il modo con cui questa disposizione sarà applicata.

Cooperazione Continua

Sebbene le nostre attività di cooperazione con l’Europa su molteplici problematiche siano sempre più positive ed orientate all’azione, rimangono tre questioni sulle quali abbiamo diversi punti di vista, o per le quali i nostri interessi sono conflittuali.

Le nostre relazioni economiche sono ampiamente positive. Durante il Summit Stati Uniti-Europa, che ha avuto luogo in Lussemburgo nel 2005, il Presidente Bush e il Presidente della Commissione Europea Barroso, nel riconoscere le particolari responsabilità delle due più grosse realtà economiche a livello mondiale, si sono impegnati nell’ambizioso progetto di rinvigorire le nostre relazioni economiche bilaterali. La nostra economia dà vita, annualmente, ad un commercio transatlantico e ad investimenti per un valore 2.5 trilioni di dollari, e genera milioni di posti di lavoro, sia internamente che oltreoceano. Perfino con la crescita di economie emergenti come la Cina e l’India, la relazione tra i nostri due continenti costituirà il motore dell’economia globale, almeno per la prossima generazione; il nostro rapporto positivo e collaborativo genera crescita mondiale e riforme economiche. Ed il segreto per la salute della nostra relazione economica consiste in una continua crescita, comune e vigorosa.

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea stanno lavorando per ridurre gli ostacoli che impediscono questa crescita, ponendo l’attenzione su quelle barriere regolatorie inutili e sulle violazioni della proprietà intellettuale. Il nostro dialogo con i mercati finanziari dell’Unione Europea sta portando i suoi frutti, e contribuisce ad allineare ulteriormente i nostri sistemi contabili, componenti essenziali delle operazioni del settore privato. Stiamo esplorando nuove aree di cooperazione ed innovazione con l’Unione Europea, come le innovazioni tecnologiche di accessibilità e sanità elettronica, che valorizzano il comune capitale intellettuale. Sono stati fatti grandi passi in avanti nell’ambito dei negoziati con l’Unione Europea, riguardo la liberalizzazione dei trasporti aerei tra Stati Uniti ed Europa, sicuramente a favore dei consumatori, del commercio e dell’industria aerea.

Nonostante tutti questi progressi, l’Europa ha ancora la necessità di risolvere quelle barriere strutturali che limitano la sua crescita. Il rilancio della Strategia di Lisbona costituisce una sfida interna alla comunità europea, con iniziative quali le Direttive sui Servizi che incontrano l’opposizione di alcuni stati membri. Dobbiamo fare attenzione a questi ostacoli che impediscono l’integrazione del singolo mercato, poiché essi influiscono negativamente sulla crescita complessiva europea la quale, a sua volta, influisce negativamente sul bilancio delle nostre compagnie e società affiliate, dislocate nei paesi della Comunità Europea. Inoltre, un’Unione Europea economicamente forte potrà assicurare, da parte europea, un’alleanza efficace con gli Stati Uniti, nell’ambito dei nostri comuni obiettivi di sicurezza e sviluppo.

In qualità di maggiori potenze economiche mondiali, abbiamo la particolare responsabilità di affermare la nostra leadership nel settore commerciale. I paesi a sviluppo economico avanzato, come il Brasile e l’India, apriranno i loro mercati ai beni ed ai servizi industriali, con maggiore flessibilità da parte dell’Unione Europea in campo agricolo. Il mandato dell’Autorità per la Promozione del Commercio scade a giugno 2007, da qui l’urgenza di un accordo. Noi continueremo ad insistere su questi punti con l’Unione Europea.

Questo rapporto non è immune da sfide, e le controversie commerciali occupano le pagine di tutti i giornali. Il processo di approvazione europea per la biotecnologia agricola, ad esempio, si trova ad un punto fermo. Secondo le più recenti notizie, l’Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO) ha riscontrato, in via preliminare, che la Comunità Europea ha sancito una moratoria “de facto” sui prodotti OGM, in contrasto con le normative del WTO. Riteniamo sia importante che la Comunità Europea si conformi agli obblighi, al fine di produrre colture transgeniche nei tempi stabiliti, osservando principi di trasparenza e scientificità nello svolgimento delle analisi.

Nel loro ruolo di fonti primarie di assistenza allo sviluppo, Stati Uniti ed Unione Europea vantano una lunga tradizione di collaborazione e coordinamento, nell’ambito dei nostri rispettivi programmi di assistenza allo sviluppo. Dati recenti dimostrano che Stati Uniti ed Unione Europea, messi insieme, contribuiscono per un totale di 62.6 miliardi di dollari, pari al 79% dell’assistenza mondiale nel 2004.

Il clima e la sicurezza energetica sono problematiche strettamente legate alle questioni commerciali. Stiamo lavorando intensamente per attirare l’attenzione europea sul clima. Entrambi condividiamo lo stesso obiettivo, che consiste nel promuovere una crescita economica e contemporaneamente ridurre l’impatto negativo sull’ambiente. I nostri sforzi sono concentrati sulla risoluzione di questo problema, e mettono in risalto la necessità di nuove tecnologie “pulite” che producano efficienza energetica, così come il bisogno di fonti alternative ed approvvigionamenti di combustibile, stabilendo, in tal modo, un legame tra clima, sicurezza energetica e sfide per lo sviluppo. Nel solo anno 2006, il Presidente ha proposto lo stanziamento di 5 miliardi di dollari per finanziare attività connesse al clima. La cooperazione con l’Unione Europea in questo campo sta migliorando. L’UE ha aderito ad un partenariato guidato dagli Stati Uniti, per quanto concerne la cattura e l’isolamento del diossido di carbonio, l’energia nucleare, l’idrogeno e le osservazioni terrestri. Stiamo creando opportunità di dialogo con i leader politici europei, per stabilire legami tra clima ed energia, e creare uno spazio neutrale per accordi futuri.

La sicurezza energetica è una questione di importanza crescente, in quanto sia noi che gli altri raccogliamo i benefici di una crescita economica mondiale, che si traduce nel continuo bisogno di risorse energetiche. Siamo d’accordo sulla necessità di trovare risorse energetiche affidabili a sostegno della crescita economica, sulla base delle forze di mercato. Gli europei stanno riesaminando lo stato attuale della propria sicurezza energetica. Il dialogo continuo tra USA ed UE, soprattutto durante la prossima presidenza finnica, coprirà temi quali: promuovere mercati energetici aperti con regimi regolatori stabili e trasparenti, sia per quanto riguarda gli investimenti esteri che per quelli domestici; incoraggiare gli attori di mercato, per contribuire a rafforzare ed a garantire una maggiore quantità di vie di transito per l’energia mondiale; promuovere un’integrazione dei sistemi di gasdotti europei per realizzare una ridistribuzione efficiente, a favore delle regioni affette da problemi di distribuzione. Lavoreremo insieme per sostenere l’Europa ad assicurarsi una fornitura diversificata di gas per i prossimi dieci anni, aiutando le compagnie ed i paesi a produrre e a trasportare gas dalla regione caspica.

 

La questione dei prigionieri

Come sapete, la questione sulle operazioni di detenzione effettuate dagli Stati Uniti continuano ad essere oggetto di notevoli polemiche in Europa, sia sulla stampa che, in modo crescente, sotto forma di servizi, che indagano su accuse non provate di abusi da parte degli Stati Uniti. Il problema è stato al centro di una visita del Segretario di Stato in Europa all’inizio dello scorso dicembre, ed è stato l’argomento di discussione principale durante numerosi incontri in Europa, cui hanno partecipato recentemente sia il sottoscritto, che altri ufficiali superiori del Dipartimento di Stato. Stiamo cercando di promuovere una migliore comprensione delle prospettive americane e correggere le percezioni sbagliate. Siamo seriamente preoccupati del trattamento univoco e del giudizio frettoloso che questo argomento ha ricevuto in Europa, specialmente tra quei governi che sanno, proprio a causa di esperienze dolorose, che la minaccia terroristica è reale, non è frutto di immaginazione, e che i governi hanno la grossa responsabilità di proteggere i propri cittadini dagli attacchi terroristici.

Abbiamo segnalato che i funzionari americani sono pronti a continuare il dialogo con i nostri alleati europei su tali questioni, allo stesso modo con il quale, negli Stati Uniti, abbiamo intrapreso discussioni e dibattiti. Tali questioni sono complesse e meritano un’attenta considerazione. Non ci sono risposte facili. Ma dobbiamo assicurarci che tale discussione, e l’attenzione pubblica su questa controversia, rimangano sane ed equilibrate. Nel porsi domande sul trattamento dei terroristi, non dobbiamo dimenticare che le nostre società restano sotto la seria minaccia di un attacco terroristico. Nel sollevare obiezioni sulla validità di certe attività di intelligence, non dobbiamo dimenticare il contributo fondamentale che i nostri servizi di intelligence e di sicurezza, attraverso una stretta collaborazione, offrono per la protezione dei nostri cittadini. E non dobbiamo dimenticare i forti legami storici tra Stati Uniti ed Europa, ed il fatto che i nostri paesi si basano sugli stessi valori fondamentali, ivi compresi la tutela della libertà ed il rispetto dello stato di diritto.

NATO

La NATO, alleanza storica degli Stati Uniti, è al centro di una comunità mondiale per la sicurezza democratica. Rappresenta il luogo dove il potere transatlantico – ed intendo il potere nel senso più ampio della parola, incluso quello politico, economico e morale – si tramuta in azione. La missione della NATO rimane la stessa – la difesa collettiva dei suoi membri – ma la difesa collettiva del 2006 richiede un approccio e dei mezzi diversi rispetto a ciò che richiedeva nel 1956, o perfino nel 1996.

Le discussioni sull’attualità della NATO avranno sempre luogo sotto svariate forme, e questa è una cosa positiva, poiché la NATO deve continuare a dimostrare la sua utilità e la sua attualità. Tuttavia, molti trascurano il fatto che la NATO si è già reinventata dall’epoca della Guerra Fredda, e continua ad evolvere rapidamente. Fino al 1992, la NATO non aveva mai condotto un’operazione militare. Alla fine del 2005, la NATO aveva condotto sette operazioni in quattro continenti, dall’Afghanistan all’Iraq, nel Mediterraneo, in Africa, nei Balcani, in Pakistan e, seppure brevemente, perfino in Louisiana – a sostegno della sicurezza transatlantica. Oggi, quando insorgono nuove sfide, e i nostri governanti hanno bisogno di qualcuno che intraprenda un’azione, spesso si rivolgono alla NATO.

Speriamo che, per il Summit di novembre a Riga, l’Alleanza abbia trovato la strada per rafforzare le proprie capacità, al fine di riuscire a svolgere le operazioni in corso e quelle future, e riesca ad estendere la sua portata globale per far fronte alle esigenze attuali.

OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa)

L’OSCE è un’istituzione ed una piattaforma per promuovere una vasta gamma di nostri interessi nella regione Euro-Atlantica. Nei Balcani, in Asia Centrale e nel Caucaso, le 17 missioni sul campo dell’OSCE costituiscono una notevole testimonianza, in qualità di veicoli della “diplomazia trasformativa”. Nel campo dei diritti umani ed in quello a favore della democrazia, l’OSCE ha ricevuto un unico mandato, ed ha una documentata storia di successi. La sua metodologia di osservazione elettorale rappresenta un importante risultato sul campo, ed i suoi sforzi hanno contribuito a promuovere la democrazia in Europa ed Eurasia. L’organizzazione ha intrapreso attività pionieristiche nel combattere il traffico di esseri umani e l’intolleranza, incluso l’anti-semitismo; ha favorito la diffusione delle libertà fondamentali, inclusa quella religiosa e dei mezzi di comunicazione; ha risolto conflitti regionali, in particolar modo il conflitto Nagorno-Karaback tra Armenia e Azerbaijan, il conflitto dell’Ossezia meridionale in Georgia e quello di Transnistria in Moldavia. Promuovere questi interessi attraverso l’OSCE, permette agli Stati Uniti di condividere, con tutti gli altri stati, sia i costi che le responsabilità e, allo stesso tempo, di coordinare azioni in modo da evitare la duplicazione degli sforzi e massimizzare il successo.

Conclusioni

Come ha dichiarato il Segretario Rice, la strategia consiste nel capire dove sta andando la storia e darle una spinta. Per promuovere la nostra strategia mondiale sulla democrazia, dobbiamo chiedere l’impegno dell’Europa ad andare oltre lo status quo.

I valori fondamentali del nostro paese ed i principi della nostra società – diritti umani, democrazia e stato di diritto – hanno costituito per lungo tempo le basi del nostro rapporto con l’Europa. Sebbene ci saranno sempre differenze transatlantiche, io non vedo una spaccatura transatlantica. Il modo in cui lavoriamo con l’Europa, vale la pena di essere discusso. Sia che il dibattito riguardi la diffusione della libertà, o argomenti di portata mondiale, oppure verta sul modo di affrontare gli avamposti della tirannia e i conflitti in Europa, o su come migliorare le nostre comuni istituzioni - per massimizzare la loro efficacia nel facilitare, piuttosto che contrastare, i nostri obiettivi - l’Europa e gli Stati Uniti devono entrambi ricordarsi che il dibattito è necessario, e che la posta in gioco è molto alta.

Signor Presidente, Onorevole Wexler (membro del Congresso), signori membri della Commissione, vi sono grato per l’opportunità che mi avete dato, oggi, di parlare dinanzi a questa assemblea, e sono pronto a rispondere alle vostre domande.

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