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Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

11 settembre 2008

Intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione della cerimonia di commemorazione del settimo anniversario degli attentati di New York e Washington, 11 settembre 2008

Palazzo del Quirinale, 11 settembre 2008

Signor Presidente del Senato, Signor Presidente della Camera, Signor Presidente del Consiglio, Signor Vice Presidente della Corte Costituzionale, Autorità, Signor Ambasciatore degli Stati Uniti d'America, non abbiamo cessato e non cessiamo di promuovere, di anno in anno, in luoghi diversi, rappresentativi delle istituzioni nazionali, dei poteri locali e della società civile, iniziative dedicate al ricordo della barbara, sanguinaria aggressione all'amica nazione americana che l'11 settembre del 2001 seminò morte tra migliaia di cittadini inermi, lutto e dolore, nel paese colpito e nel mondo.

E' giusto cogliere - e lo faccio con senso di viva partecipazione - anche l'occasione di questo settimo anniversario dell'attacco alle Torri gemelle di New York, per rinnovare i sentimenti più profondi di vicinanza del popolo italiano, nel ricordo di quella terribile giornata, al popolo americano.

So di poterlo fare nell'esercizio del ruolo attribuitomi dalla Costituzione, perché unanimi furono e sono rimaste la reazione di sdegno e la commossa solidarietà dell'Italia. Solidarietà innanzitutto con le famiglie delle vittime di quella furia disumana.

Tra esse dieci persone con cittadinanza italiana o con doppia cittadinanza, 260 di origine italiana. Alla loro memoria sono dedicate le parole del monumento commemorativo posto nella sede del nostro Consolato generale a New York, cui resi omaggio in occasione della mia visita nel dicembre scorso. E vorrei che dedicassimo loro in modo particolare stamattina questa cerimonia. Nello stesso tempo mi piace sottolineare la significativa presenza, oggi, a Ground Zero, di una rappresentanza della Marina militare italiana e la consegna ai pompieri di New York della reliquia di Santa Barbara finora custodita nella Chiesa di Burano a Venezia.

Sette lunghi, difficili anni sono trascorsi. Mi si permetterà di ricordare l'orrore e l'angoscia con cui personalmente - arrivando quel pomeriggio a Bruxelles per partecipare ai lavori del Parlamento europeo - appresi la notizia e vidi scorrere sul televisore le immagini dell'inaudita incursione distruttiva compiuta da un nemico che nell'immediato non era nemmeno possibile identificare.

In Parlamento europeo si adottarono in quelle ore misure di emergenza per la sicurezza della sede di un'istituzione che poteva diventare anch'essa bersaglio di alto valore simbolico per un attentato altrettanto dirompente. Perché tutto sembrò d'un tratto immaginabile, dopo aver visto dispiegarsi la più imprevedibile impresa - un colpo di enorme gravità ed impatto volto a ferire a morte il cuore dell'Occidente e del mondo democratico, il centro pulsante, e migliaia di uomini e donne, della maggiore città e perfino della capitale degli Stati Uniti d'America.

Ecco quel che non possiamo mai dimenticare. L'11 settembre la comunità internazionale prese drammaticamente coscienza di una minaccia che fino a quel momento non aveva potuto individuare e valutare in tutta la sconvolgente portata : la minaccia del terrorismo internazionale. E la campana suonò, quel giorno, non solo per l'America e per gli americani : suonò per tutti i paesi e i popoli che nel corso di una lunga storia avevano conquistato la libertà o che anelavano alla libertà, intesa come "libertà dalla paura" e come condizione essenziale di un autogoverno e sviluppo indipendente.

Di qui nacquero una nuova visione del problema della sicurezza mondiale e un impegno comune a fare i conti col terrorismo come comune nemico, identificandone la fisionomia, colpendone i santuari, tagliandone le radici. E dinanzi al disvelarsi della matrice fondamentalista islamica dell'attacco alle Torri Gemelle, e all'esplicito presentarsi di Al Quaeda come centrale del terrore, risultò chiaro che si trattava del più insidioso nemico non solo dell'Occidente, dell'America e dell'Europa. Di quest'ultima furono colpite, a distanza di tempo, grandi capitali, con la stessa barbarica semina di distruzione e di morte; ma si trovarono in effetti esposte alla minaccia le più diverse realtà statuali, sociali e culturali anche in altri continenti, le realtà più aperte al futuro e gli interessi di fondo dello stesso mondo islamico. Quante vittime innocenti si sono contate in questi anni in paesi appartenenti a quel mondo, per attentati terroristici e istigazioni ad attacchi suicidi.

No, troppo comoda per le centrali organizzatrici e ispiratrici del terrorismo, e radicalmente falsa, è la rappresentazione di uno scontro tra civiltà e religioni inconciliabili, non già distinte e diverse ma irrimediabilmente contrapposte. In giuoco sono invece le ragioni della pace, della vita, dei diritti umani, del progresso civile contro una feroce logica di violenza e di sopraffazione, una miscela distruttiva di fanatismo, intransigenza, regressione.

Dinanzi a una simile minaccia, che non conosce confini, che colpisce o può colpire dovunque nel mondo, decisivo è l'impegno della comunità internazionale, da costruire ancor meglio e da consolidare sulle basi più larghe. Guardando ai luoghi non ancora resi immuni dall'insidia del fondamentalismo aggressivo; guardando all'Afghanistan, divenuto ormai l'epicentro del confronto diretto, sul campo, con la principale centrale terroristica; guardando al rischio di processi di proliferazione nucleare o di nuove tensioni e crisi in diverse regioni divise e inquiete - occorre moltiplicare gli sforzi per consolidare le basi di una vasta convergenza e cooperazione per la sicurezza collettiva, nel rispetto di principi irrinunciabili e di regole efficaci.

L'Italia ha fatto, sta facendo, intende fare la sua parte, anche attraverso una consistente e multiforme presenza in missioni internazionali in aree cruciali, a cominciare da quella afghana. E' uno sforzo grazie al quale l'America del dopo-11 settembre ci sente - ne siamo certi - più che mai vicini.

La solidarietà, e l'impegno condiviso di lotta di fronte alla sfida del terrorismo, hanno ulteriormente unito l'Italia e gli Stati Uniti, questi nostri due paesi già così profondamente legati da tanti vincoli storici, umani e politici. E' questa la convinzione che possiamo tutti esprimere oggi insieme, nel ricordare una ferita tragica e dolorosa, cui siamo stati e siamo chiamati a dare una risposta davvero solidale, la più larga risposta comune, a garanzia della sicurezza e di un avvenire migliore per tutti i popoli.

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