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United States Patent and Trademark Office

Intervista
Lynne Beresford
Acting Commissioner for Trademarks
United States Patent and Trademark Office (USPTO)

Alessandro Mastrantonio
Coordinatore editoriale Agrisole-Il Sole 24 Ore
28 giugno, 2005

     


D  omanda:  Quale è la posizione degli Stati Uniti nei confronti della richiesta europea e in particolare dell'Italia di tutelare le denominazioni di origine con marchi Dop?

R  isposta:  Analizzando la situazione da una prospettiva statunitense, risulta difficile capire come la UE possa biasimare altri paesi membri del WTO per non rispettare il suo sistema di protezione delle indicazioni geografiche. Proprio il WTO infatti ha verificato che è la stessa UE, e non gli altri membri dell’organizzazione, a discriminare le indicazioni geografiche dei paesi terzi. Gli Stati Uniti del resto trovano difficile capire perché la Unione Europea consideri inadeguato il livello di protezione delle indicazioni geografiche nei paesi terzi.

A differenza di quanto avviene nella Unione Europea infatti, gli Stati Uniti garantiscono lo stesso livello di protezione, sia alle proprie indicazioni geografiche che a quelle europee. In effetti, l’accordo WTO sugli Aspetti Commerciali dei Diritti di Proprietà Intellettuale (TRIPS) stabilisce che i paesi membri dell’organizzazione forniscano una protezione adeguata ed efficace sia alle indicazioni geografiche proprie che a quelle degli altri paesi. Gli Stati Uniti forniscono tale protezione senza discriminare fra indicazioni domestiche e straniere. Ad esempio, “Roquefort,” “Stilton,” “Cognac,” “Prosciutto di Parma,” “Brunello di Montalcino” e“Vino Nobile di Montepulciano” sono tutte indicazioni geografiche europee che vengono protette negli Stati Uniti come certification marks.

Altrettanto non avviene nella Unione Europea, dove Stati Uniti ed altri paesi stanno lottando per ottenere la protezione delle loro indicazioni geografiche. Ad esempio l’indicazione “Napa Valley” (una nota indicazione geografica vinicola degli Stati Uniti) non gode di alcuna protezione nella Unione Europea in quanto le imprese dei paesi terzi non sono autorizzate a richiedere direttamente il riconoscimento come indicazione geografica – i prodotti dei paesi terzi infatti sono riconosciuti come indicazioni geografiche nella UE solamente se i rispettivi governi negoziano in tal senso.

D  Il recente panel Wto, sollecitato proprio da Washington, ha confermato la compatibilità con le regole della concorrenza del regolamento comunitario sul sistema delle Dop. Quale è la sua valutazione?

R  Questa informazione non è del tutto corretta. Il panel WTO ha stabilito che il regolamento europeo sulle indicazioni geografiche è in infrazione rispetto al principio fondamentale del WTO di non discriminazione ed ha invitato la Unione Europea a modificare le proprie regole per ovviare a questo problema. La UE di conseguenza ha accettato di adottare queste raccomandazioni entro un anno.

Per maggiore chiarezza, occorre ricordare che gli Stati Uniti non hanno denunciato il sistema europeo di protezione delle indicazioni geografiche nella sua interezza, ma solamente due aspetti del Regolamento 2081/92: il primo riguarda la discriminazione rispetto alle indicazioni geografiche dei paesi terzi (che contravviene al principio WTO di Trattamento Nazionale), mentre il secondo riguarda la mancata protezione dei marchi commerciali dei paesi terzi. La ragione per cui gli Stati Uniti hanno deciso di portare la questione davanti al WTO è che coloro che detengono indicazioni geografiche nei paesi terzi sono di fatto stati esclusi dal regime di protezione previsto dal sistema comunitario.

La discriminazione messa in atto dalla Unione Europea ai danni delle indicazioni geografiche dei paesi terzi è estremamente frustrante per paesi, come gli Stati Uniti, che forniscono un solido sistema di protezione per le indicazioni geografiche europee e per quelle degli altri paesi senza applicare distinzioni in base al paese d’origine. Oltre a questo, va ricordato che i proprietari stranieri di marchi commerciali risultano di conseguenza particolarmente vulnerabili nella UE, in quanto sono costantemente sottoposti al rischio di perdere i caratteri distintivi del loro marchi. Il regolamento europeo infatti non permette ai proprietari stranieri di alcuni marchi commerciali di far valere i propri diritti all’interno della UE. Il rapporto del panel WTO infatti ha verificato che il regolamento europeo discrimina le indicazioni geografiche straniere ed ha riconosciuto valida l’obbiezione statunitense in base a cui le indicazioni geografiche, salvo alcuni casi specifici, non possono prevalere sui marchi commerciali registrati.

Il panel ha anche chiarito, fra le altre cose, che il regolamento comunitario viola i principi del Trattamento Nazionale e della Non-discriminazione in quanto le UE tutela le indicazioni geografiche straniere solo nel caso in cui sia un governo a detenedere i diritti sulle stesse, mentre le imprese europee possono ottenere protezione direttamente. Gli Stati Uniti ed altri paesi non negoziano liste di indicazioni geografiche con altri membri del WTO, creano invece un sistema che permette ai soggetti detentori dei diritti sull’indicazione geografica di farli valere direttamente, senza l’intermediazione dei governi. Per questa ragione le indicazioni geografiche degli Stati Uniti e di altri paesi sono completamente escluse dal sistema di tutela comunitario.

D  Tra indicazione geografica e marchio industriale c'è un diritto di esclusiva? se sì, chi prevale?

R  No. In base all’accordo TRIPS non c’è conflitto fra marchi commerciali ed indicazioni geografiche perché, nella maggior parte dei casi, i due elementi di identificazione non coesistono nello stesso mercato. Il rapporto del panel WTO ha indicato a questo riguardo che i marchi commerciali pre-esistenti hanno la prevalenza sulle indicazioni geografiche quando tale uso potrebbe indurre confusione nel consumatore. Di conseguenza, in base alle regole del WTO, se in un paese esiste un marchio industriale regolarmente registrato, il proprietario di tale marchio ha il diritto di impedire lo stabilimento e l’uso successivo di una indicazione geografica per lo stessa indicazione nel paese. Allo stesso modo, se in un paese esiste già una indicazione geografica valida, questo impedisce che possa essere successivamente registrato un marchio industriale se questo è suscettibile di indurre di trarre in inganno o di confondere il consumatore.

In base al rapporto del panel WTO, la UE avrebbe indicato che la coesistenza fra un marchio commerciale pre-esistente ed una indicazione geografica concorrente non è auspicabile in base alle regole del WTO. Sulla base di questa convinzione la UE ha comunicato al panel che il regolamento comunitario non consente nella sostanza la coesistenza fra marchi commerciali pre-esistenti ed indicazioni geografiche.

Il panel WTO ha verificato che il regolamento comunitario fa salva la possibilità per i titolari dei marchi commerciali di impedire in molti casi usi di indicazioni geografiche qualora esse possano generare confusione nel consumatore. Nei casi in cui il marchio commerciale gode di scarsa notorietà e non non è stato utilizzato per un lungo periodo di tempo, l’indicazione geografica si può riconoscere parallelamente al marchio.

D  Alcune delle principali indicazioni geografiche italiane sono già registrate negli Stati Uniti come marchi commerciali privati. Pensa che questa sia una possibilità anche per altri prodotti? Crede che un maggiore coinvolgimento del governo italiano o della UE potrebbe essere di aiuto a questo fine? Infine, crede che le imprese avrebbero dovuto percorrere questa azienda da prima?

R  Il sistema statunitense di indicazioni geografiche è aperto a chiunque, anche agli stranieri, e fornisce una forte protezione contro gli usi non autorizzati delle indicazioni. Gli italiani utilizzano il nostro sistema con successo già da molti anni. Ci sono infatti numerose indicazioni geografiche italiane che sono registrate negli Stati Uniti come marchi di certificazione (certification marks) e marchi collettivi, come ad esempio: “Brunello di Montalcino” (U.S. Reg. No. 1860163), “Vino Nobile di Montepulciano” (U.S. Reg. No. 2251165), “Parma” and design (U.S. Reg. No. 2014627), “Parmigiano-Reggiano” (U.S. Reg. No. 1754410), Black Rooster design (U.S. Reg. No. 1860163), solo per nominarne alcuni.

Questi certification marks e marchi collettivi sono registrati da parte dei gruppi privati che si occupano di definire e di applicare gli standard produttivi e di commercializzazione dei prodotti. Coloro che registrano i marchi possono essere privati oppure enti governativi. Tuttavia, il fatto che in base agli accordi TRIPS le indicazioni geografiche si configurano come diritti privati, implica che sia il titolare del diritto a richiedere la protezione dell’indicazione. In questo senso, anche una entità governativa può essere titolare di un diritto privato.

Tuttavia gli Stati Uniti non hanno mai avuto l’intenzione di limitare la protezione delle indicazioni geografiche solamente a quelle presentate da un governo straniero. Questo tipo di approccio infatti, oltre a non rispondere alla definizione statunitense di indicazione geografica come diritto privato, è stato giudicato dal panel WTO come non conforme ai requisiti del Trattamento Nazionale.

D  Anche negli Stati Uniti non mancano i conflitti, Come nel caso del vino Doc Napa Valley e il marchio contenente l'indicazione Napa di proprietà della Bronco Wyne Co. Qual è la regola americana?

R  In verità non ci sono veri e propri conflitti negli Stati Uniti fra indicazioni geografiche e marchi commerciali, proprio perché le nostre norme in materia di marchi commerciali includono alcuni accorgimenti che limitano la conflittualità.

In primo luogo, il nostro sistema riconosce I principi della priorità e della esclusività riflessi negli accordi TRIPS. Questo significa che l’esistenza stessa di un marchio commerciale impedisce che, in un momento succesivo, venga riconosciuta ed applicata una indicazione geografica concorrente nel caso in cui questa possa generare confusione nel consumatore. Lo stesso principio si applicherebbe ad una valida indicazione geografica esistente: il titolare di tale indicazione potrebbe chiedere ed ottenere la nullità di eventuali marchi commerciali successivi che potessero generare confusione nei consumatori.

In secondo luogo, i marchi che risultano fuorvianti/ingannevoli per i consumatori rispetto ad una particolare caratteristica del prodotto non possono essere registrati presso lo US Patents and Trademarks Office (l’Ufficio Brevetti e Marchi degli Stati Uniti n.d.r.). Se diventanno ingannevoli in un momento succesivo alla registrazione essi sono soggetti a cancellazioni. In questa casistica rientrano i marchi commerciali che sono fuorvianti dal punto di vista geografico.

Propio su questa base la Napa Valley Vintners Association ha presentato un esposto nei confronti della Bronco Wine Company, proprietaria del marchio “Napa Ridge”, presso il competente organo arbitrale (Trademark Trial and Appeal Board) del US Patents and Trademarks Office. L’esposto è disponibile su Internet al sito: http://ttabvue.uspto.gov/

D  Gli Stati Uniti hanno chiesto nel 2004 di stabilire degli standard in sede di Comitato Codex Alimentarius per il “Parmesan”. Crede che questa richiesta verrà ripresentata al prossimo meeting del Comitato a Roma (4-9 luglio 2005)? Se si, quail potrebbero essere le implicazioni di questa richiesta e quail le possibili interazioni con il sistema europeo di tutela delle indicazioni geografiche?

R  Il governo degli Stati Uniti continuerà a richiedere che la Commissione del Codex Alimentarius definisca uno standard Codex per il “parmesan” e che il Comitato Lattiero-Caseari del Codex (CCMMP) sia incaricato della definizione di tale standard. Si è stabilito infatti che il termine “parmesan” è riconosciuto a livello internazionale come indicazione generica, visto che i consumatori stranieri non intendono necessariamente come parmesan solo il formaggio prodotto nella zona di “Parma”. Se si impedisce al mercato internazionale di utilizzare il termine “parmesan”, i consumatori sarebbero frodati a causa dell’utilizzo di altri termini in luogo di “parmesan”.

La creazione di uno standard internazionale in sede Codex tuttavia non impedisce ai paesi membri del Codex di applicare requisiti produttivi più stringenti, né certamente ha l’effetto di eliminare l’utilizzo di termini proprietari da parte di utilizzatori non autorizzati laddove esistano dei ben precisi diritti di proprietà.

La creazione di uno standard internazionale in sostanza non determina di per sé alcun diritto ad utilizzare un termine. Al contrario implica che il termine può essere utilizzato solo nel caso in cui vengano rispettati determinati standard produttivi. Le norme nazionali quindi possono certamente essere più stringenti in fatto di standard produttivi, ma non possono essere in contrasto con lo standard internazionale. In questa ottica, la creazione di uno standard Codex non avrebbe alcuna ripercussione sui diritti di proprietà intellettuale che esistono in ambito comunitario.

D  Il negoziato Wto sul commercio agricolo sembra rimettersi in moto in vista dell'incontro di fine anno a Hong Kong. L'Europa, e con essa l'Italia, rilanciano la richiesta di un registro multilaterale per la tutela dei marchi di origine. Washington farà ancora muro o ci sono spiragli di apertura?

R  Gli Stati Uniti sono certamente disponibili a considerare proposte ragionevoli che rispettino i principi ispiratori dell’accordo TRIPS.

Lynne G. Beresford - biografia
Lynne G. Beresford è attualmente il Commissario ad-acta per gli affari relativi ai marchi commerciali del United States Patent and Trademark Office (l’equivalente dell’Ufficio Brevetti e Marchi), istituzione in cui ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità fin dal 1979. Dal 1997 al 2001 Lynne Beresford ha presieduto tutti I meeting del Comitato Permanente dei Marchi Commerciali, del Design Industriale e delle Indicazioni Geografiche della Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale. indications, and domain names. il principio del Trattamento Nazionale In base all'Accordo generale sul commercio dei servizi (GATS) il principio del “Trattamento Nazionale” prevede che ciascuno Stato Membro deve concedere ai servizi e ai fornitori di qualsiasi altro membro un trattamento non meno favorevole di quello che concede ai propri servizi e fornitori di servizi simili.



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