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Corriere della Sera
Intervista con Ronald P. Spogli
Ambasciatore degli Stati Uniti

La guerra non è stata un errore
l'Italia mantenga una forte presenza civile


di Paolo Lepri
7 giugno 2006

     


L Ronald P. Spogli, Ambasciatore degli Stati Uniti
Ronald P. Spogli
Ambasciatore degli Stati Uniti


'America si augura che l'Italia continui a essere presente in Iraq “con una missione civile forte e consistente” e che il ritiro militare avvenga con tempi e modalità tali da non aggravare i problemi della sicurezza. È l'ambasciatore americano a Roma, Ronald P. Spogli, a esprimere così, in un'intervista al Corriere, le preoccupazioni della Casa Bianca per le prossime mosse del governo Prodi (“non credo assolutamente che la guerra sia stata un errore”) all'indomani del nuovo attentato contro il nostro contingente a Nassiriya, pochi giorni prima dell'incontro del 16 giugno a Washington tra il ministro degli Esteri Massimo D'Alema e il segretario di Stato Condoleezza Rice. “Ci sarò anch'io. L'agenda – aggiunge – sarà piena di argomenti”.

Cinquantotto anni, la spilla con la bandiera a stelle e strisce all'occhiello, l'ambasciatore parla un perfetto italiano ed è un vero amico dell'Italia. Salendo le scale del palazzo di Via Solferino si ferma ammirato davanti al ritratto di Luigi Pirandello, uno dei collaboratori storici del Corriere. “Apprezzo molto i suoi libri, soprattutto le opere teatrali”.

Nel 1983 ha fondato la Freeman Spogli & Co., divenuta una delle principali società di investimenti degli Stati Uniti. Amico personale di Bush, è stato scelto dal presidente per una delle sedi più importanti della rete diplomatica americana. La sua speranza è che l'Italia non scelga una via zapateriana per il disimpegno dall'Iraq. “Bisogna fare di tutto – non si stanca di ripetere – per dare il massimo sostegno al governo di Bagdad”.

Ambasciatore Spogli, il presidente del Consiglio Romano Prodi ha definito la guerra in Iraq un “grave errore”. Pensa che sia possibile che Italia e Stati Uniti collaborino senza tensioni in questa delicata fase che si concluderà con il ritiro dei nostri soldati?
Innanzitutto devo dire che non crediamo che la guerra in Iraq sia stata un errore. Credo che non sia un gesto molto positivo criticare un governo democraticamente eletto dopo una dittatura estremamente crudele. Questo governo ha bisogno del nostro appoggio e bisogna fare di tutto per dargli il nostro sostegno. Il ritiro delle truppe è stato un pilastro della campagna elettorale del centrosinistra e quindi non si può parlare, oggi, di una grande sorpresa. La cosa importante sono i tempi e le modalità, in particolare la capacità di collaborare con il governo iracheno e con gli alleati. Da quello che sappiamo questo coordinamento ci sarà, perché la cosa importante è non lasciare la sicurezza in una condizione disastrosa.

Cosa chiedono gli Stati Uniti all'Italia?
Dal nostro punto di vista, a parte i tempi e le modalità del ritiro, l'aspetto più importante sarà la natura dell'appoggio civile e il sostegno al governo iracheno. Sappiamo che in campagna elettorale si è parlato di trasformare la missione militare in una presenza civile. Sarà molto importante che questa presenza sia forte e consistente, perché questa è una cosa essenziale per il popolo e per il governo iracheni. Sì, noi ci aspettiamo che questo accada.

Siete preoccupati che con il ritiro italiano la sicurezza in Iraq possa diminuire?
Certamente si tratta della maggiore preoccupazione. Proprio per questo il modo in cui avverrà il ritiro sarà molto importante dal punto di vista della sicurezza.

Ma vi fidate del governo Prodi? Non avete nostalgia di Berlusconi e del forte rapporto che si era creato tra lui e Bush? Non temete che le relazioni bilaterali abbiano ormai toccato il punto più alto?
Sì, il fatto che il presidente Bush avesse un forte rapporto con il presidente Berlusconi è stato positivo. Ma Bush ha anche un rapporto buono, se non ottimo, con Prodi, una persona che conosce bene da quando era presidente a Bruxelles della Commissione Europea. La cosa di cui bisogna tenere sempre conto è che il rapporto con l'Italia è così profondo che non dipende dal titolare di Palazzo Chigi o dall'inquilino della Casa Bianca. Anzi, c'è un grosso potenziale che si può ancora migliorare.

Non crede che il nuovo governo abbia una maggioranza debole? Quanto prevede che durerà il governo Prodi?
Non è una cosa che io posso prevedere. Quello che è importante è che abbiamo molte cose da fare insieme e che abbiamo molti valori comuni. Per questo motivo mi auguro di poter lavorare strettamente con il nuovo governo.

Non ritiene che nella sinistra italiana, anche in alcune forze politiche che sono al governo, continuino a esistere sentimenti anti-americani? Qual è il suo giudizio personale?
In un Paese libero c'è sempre il diritto di una libera espressione. La cosa essenziale per noi è collaborare con il governo. Sono molto ottimista. Esiste la base per poter fare molte cose insieme. Giudicherò il grado della nostra cooperazione dal punto di vista dei risultati concreti raggiunti.

Pensa che sia giustificata la preoccupazione per una recrudescenza dell'antisemitismo in Italia?
Personalmente non ho notato un fenomeno di questo genere. Credo che negli ultimi anni ci sia stato, casomai, uno sforzo per avere legami più stretti tra il governo italiano e quello di Gerusalemme. Mi auguro che il governo Prodi mantenga questo rapporto positivo con Israele.

Non pensa che il nostro sistema politico avrebbe tutto da guadagnare dalla nascita di un grande partito democratico e di un grande partito moderato? Non vedrebbe di buon occhio un'esportazione anche da noi del bipartitismo americano?
Io non sono uno scienziato della politica ed è quindi per me impossibile rispondere a questa domanda. Io do retta al pubblico italiano e ho molto fiducia nella capacità degli italiani di esprimere i loro desideri.

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