ROMA - Si finirà come
nel
Carbonifero, oltre 300 milioni
di anni fa, quando il clima era caldo umido, il
pianeta ricoperto da foreste con piante giganti e
rigogliose, e gli oceani caldi come un brodo? Viene da
chiederselo leggendo l’ultima scoperta di un gruppo di
climatologi finanziati dalla Nasa, l’ente spaziale
americano,
pubblicata sulla rivista Science. Ci assicurano che da
venti anni a questa parte il pianeta mostra segni
evidenti di espansione della copertura verde: lo
certificherebbero anche le foto da satellite.
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Il vulcano Chikurachki
dell'isola Paramushir visto dal satellite
(Afp) |
L’aumento
della produttività vegetale sarebbe da attribuirsi,
almeno in parte, alla
maggiore
concentrazione in atmosfera dell’anidride
carbonica, il principale fra i gas serra, e alla
conseguente risalita delle temperature. Come dire che
non tutto il male viene per nuocere. Ma gli altri
specialisti del settore esprimono subito cautela.
ANNI CALDI -
Il fenomeno è stato evidenziato mettendo
a confronto l’estensione della biomassa vegetale (non
solo le foreste, ma anche le piante in genere),
a livello globale, dal 1980 a
oggi. Un ventennio in cui la concentrazione di
anidride carbonica atmosferica si è impennata,
guadagnando 9 punti percentuali, e gli anni caldi da
record si sono succeduti a raffica. Nello stesso arco di
tempo risulta un’espansione delle superfici verdi del
6%, per la maggior parte nelle alte latitudini
dell’emisfero Nord e in alcune regioni tropicali. «
Il rinverdimento del pianeta
non è omogeneo - sottolinea il leader del gruppo
di ricerca, Ramakrishna Nemani, professore di Scienze
forestali all’Università del Montana -. Ci sono Paesi
che guadagnano superfici verdi, come
l’India il
Brasile e il Canada, e altri che le perdono, come
il Messico e la Siberia. E poi ci sono dei casi
singolari come la foresta pluviale dell’Amazzonia che,
sebbene subisca interventi di deforestazione a causa dei
tagli nelle zone periferiche, tuttavia al suo interno
mostra vigorosi segni di ripresa».
POSSIBILI CAUSE - La
spiegazione del
piccolo boom
verde in un pianeta che, continuando
l’effetto serra, sembra piuttosto destinato alla
disidratazione e alla desertificazione, chiama in causa
l’azione fertilizzante dell’anidride carbonica, cioè la
capacità di questo gas di stimolare la fotosintesi,
migliorando la produttività vegetale. Non è la sola,
aggiungono gli autori della scoperta: il cambiamento
climatico starebbe provocando
spostamenti
delle zone climatiche ai quali la vegetazione
risponde, in alcune regioni, con un incremento.
PRUDENZA -
I giudizi degli esperti italiani di
fronte a questa novità oscillano fra la perplessità e la
cautela. «Che l’aumento di concentrazione di anidride
carbonica stimoli la crescita delle piante
non è una novità, come risulta
anche da esperimenti effettuati nelle serre -
spiega Lorenzo Ciccarese,
ricercatore
dell’Apat, l’Agenzia per la protezione
dell’ambiente e del territorio, e membro dell’Ipcc, il
Comitato internazionale sui cambiamenti climatici -. Ma
questo particolare tipo di fertilizzazione è transitorio
e fa bene solo se c’è un mix equilibrato degli altri
fattori di crescita: acqua, temperatura, luminosità,
nutrienti. Altrimenti fa male. Per esempio nei nostri
climi mediterranei e in quelli sub aridi e aridi,
l’incremento dell’anidride carbonica è un fatto
negativo». Il professor Riccardo Valentini, un altro
rappresentante italiano nell’Ipcc, sostiene che la
maggior parte del rinverdimento osservato è dovuto al
più corretto comportamento nei confronti delle foreste e
dell’uso del suolo da parte dei Paesi industrializzati:
«Abbiamo considerevolmente ridotto i tagli, e ci stiamo
impegnando in una
seria politica di
riforestazione». E il fisico Vincenzo Ferrara
dell’Enea indica un limite ben preciso: «Nessuno si
illuda che più aumenta l’anidride carbonica e meglio
staremo, perché nel frattempo le temperature
cresceranno.
Altri due gradi in più e anche
l’aumento di produttività vegetale si bloccherà».
CONTRO KYOTO - C’è un
dato incontrovertibile rilevato dalla Fao che non
bisogna dimenticare, esorta Ciccarese: «La Fao certifica
che ogni anno in tutto il mondo si perdono
14 milioni di ettari di
foreste, l’80% dei quali nei Paesi tropicali. Di
fronte a questa realtà, l’enfatizzare i risultati per
niente definitivi di certe ricerche, rientra in una
logica politica di affossamento del Protocollo di
Kyoto».
Franco Foresta Martin