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Esperti italiani: non può durare e dopo avremo effetti negativi
Effetto serra: la Terra diventa più verde
Studio dei climatologi americani: l’area di boschi e foreste è aumentata del 6 per cento dal 1980
ROMA - Si finirà come nel Carbonifero, oltre 300 milioni di anni fa, quando il clima era caldo umido, il pianeta ricoperto da foreste con piante giganti e rigogliose, e gli oceani caldi come un brodo? Viene da chiederselo leggendo l’ultima scoperta di un gruppo di climatologi finanziati dalla Nasa, l’ente spaziale americano, pubblicata sulla rivista Science. Ci assicurano che da venti anni a questa parte il pianeta mostra segni evidenti di espansione della copertura verde: lo certificherebbero anche le foto da satellite.
Il vulcano Chikurachki dell'isola Paramushir visto dal satellite (Afp)
L’aumento della produttività vegetale sarebbe da attribuirsi, almeno in parte, alla maggiore concentrazione in atmosfera dell’anidride carbonica, il principale fra i gas serra, e alla conseguente risalita delle temperature. Come dire che non tutto il male viene per nuocere. Ma gli altri specialisti del settore esprimono subito cautela.

ANNI CALDI - Il fenomeno è stato evidenziato mettendo a confronto l’estensione della biomassa vegetale (non solo le foreste, ma anche le piante in genere), a livello globale, dal 1980 a oggi. Un ventennio in cui la concentrazione di anidride carbonica atmosferica si è impennata, guadagnando 9 punti percentuali, e gli anni caldi da record si sono succeduti a raffica. Nello stesso arco di tempo risulta un’espansione delle superfici verdi del 6%, per la maggior parte nelle alte latitudini dell’emisfero Nord e in alcune regioni tropicali. «Il rinverdimento del pianeta non è omogeneo - sottolinea il leader del gruppo di ricerca, Ramakrishna Nemani, professore di Scienze forestali all’Università del Montana -. Ci sono Paesi che guadagnano superfici verdi, come l’India il Brasile e il Canada, e altri che le perdono, come il Messico e la Siberia. E poi ci sono dei casi singolari come la foresta pluviale dell’Amazzonia che, sebbene subisca interventi di deforestazione a causa dei tagli nelle zone periferiche, tuttavia al suo interno mostra vigorosi segni di ripresa».

POSSIBILI CAUSE - La spiegazione del piccolo boom verde in un pianeta che, continuando l’effetto serra, sembra piuttosto destinato alla disidratazione e alla desertificazione, chiama in causa l’azione fertilizzante dell’anidride carbonica, cioè la capacità di questo gas di stimolare la fotosintesi, migliorando la produttività vegetale. Non è la sola, aggiungono gli autori della scoperta: il cambiamento climatico starebbe provocando spostamenti delle zone climatiche ai quali la vegetazione risponde, in alcune regioni, con un incremento.

PRUDENZA - I giudizi degli esperti italiani di fronte a questa novità oscillano fra la perplessità e la cautela. «Che l’aumento di concentrazione di anidride carbonica stimoli la crescita delle piante non è una novità, come risulta anche da esperimenti effettuati nelle serre - spiega Lorenzo Ciccarese, ricercatore dell’Apat, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e del territorio, e membro dell’Ipcc, il Comitato internazionale sui cambiamenti climatici -. Ma questo particolare tipo di fertilizzazione è transitorio e fa bene solo se c’è un mix equilibrato degli altri fattori di crescita: acqua, temperatura, luminosità, nutrienti. Altrimenti fa male. Per esempio nei nostri climi mediterranei e in quelli sub aridi e aridi, l’incremento dell’anidride carbonica è un fatto negativo». Il professor Riccardo Valentini, un altro rappresentante italiano nell’Ipcc, sostiene che la maggior parte del rinverdimento osservato è dovuto al più corretto comportamento nei confronti delle foreste e dell’uso del suolo da parte dei Paesi industrializzati: «Abbiamo considerevolmente ridotto i tagli, e ci stiamo impegnando in una seria politica di riforestazione». E il fisico Vincenzo Ferrara dell’Enea indica un limite ben preciso: «Nessuno si illuda che più aumenta l’anidride carbonica e meglio staremo, perché nel frattempo le temperature cresceranno. Altri due gradi in più e anche l’aumento di produttività vegetale si bloccherà».

CONTRO KYOTO - C’è un dato incontrovertibile rilevato dalla Fao che non bisogna dimenticare, esorta Ciccarese: «La Fao certifica che ogni anno in tutto il mondo si perdono 14 milioni di ettari di foreste, l’80% dei quali nei Paesi tropicali. Di fronte a questa realtà, l’enfatizzare i risultati per niente definitivi di certe ricerche, rientra in una logica politica di affossamento del Protocollo di Kyoto».

Franco Foresta Martin
7 giugno 2003
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